Parliamo di iQos di Philip Morris e della loro efficacia sulla salute e sulla riduzione del fumo

30/07/2019 di Redazione

Si stanno diffondendo a macchia d’olio, sono le nuove tendenze di chi ama il fumo e di chi spera, soprattutto, di ridurne l’impatto sulla propria salute. Ma iQos, la nuova sigaretta elettronica di Philip Morris a tabacco riscaldato, fa davvero meno male delle sigarette normali? Ovviamente, tutto il discorso marketing dell’azienda leader del settore punta su questo aspetto per incentivarne il consumo. Alcune fondazioni indipendenti dimostrano che il rischio che si possa incorrere in malattie respiratorie è esattamente lo stesso delle sigarette normali.

La sigaretta elettronica iQos riduce i rischi per la salute?

Come riportato dal Fatto QuotidianoAssociazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e Fondazione Veronesi affermano che non esistono ancora degli studi che possano dimostrare, in maniera efficace, che il tabacco riscaldato sia meno dannoso del tabacco normale delle sigarette. C’è da dire, tuttavia, che la Fda degli Stati Uniti ha affermato che le indicazioni date da Philip Morris sulla riduzione dei rischi di malattia sono basati su evidenze scientifiche.

A questo punto, dobbiamo registrare quantomeno un contrasto tra ciò che l’azienda afferma e ciò che alcune fondazioni indipendenti che da anni sono radicate sul territorio italiano e che si distinguono per la loro lotta ai tumori hanno rilevato. Inoltre, non sarebbe corretta l’indicazione che la sigaretta elettronica iQos ridurrebbe l’assuefazione al tabacco.

Le sigarette iQos fanno smettere di fumare?

C’è una differenza con le normali sigarette elettroniche che contengono liquido: la presenza di tabacco rappresenta un indicatore fondamentale per capire che il consumatore torna ad assumere tabacco, senza particolari benefici per il suo eventuale proposito di smettere di fumare. Una ricerca francese, inoltre, ha certificato che questo tipo di sigaretta elettronica – non la iQos in particolare, ma tutti i dispositivi a tabacco riscaldato – sono più una porta d’ingresso (20%) al tabagismo, che d’uscita (11%).

FOTO: Sebastian Kahnert/dpa-Zentralbild/dpa

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