C’è chi fa accordi con Google e invece dovrebbe investire nell’intelligenza artificiale nel giornalismo

Il colloquio con Marco Pratellesi sulle potenzialità di Applied XL per le news made in Italy

24/03/2021 di Gianmichele Laino

Sicuramente vi sarete imbattuti nel report quotidiano sui casi di coronavirus in Italia realizzato dall’Ansa: titolo, sottotitolo, grafiche ad hoc e un articolo che illustra i dati del giorno. Pulito, lineare, aggiornato. Sicuramente, poi, avrete guardato le previsioni del tempo di Meteo.it, un portale tematico di proprietà di Mediaset. Anche lì ci sono articoli sulla situazione meteorologica italiana, a seconda del territorio, sempre nella forma di articolo da sito web. Bene, probabilmente non sapete che sono entrambi prodotti dell’integrazione di intelligenza artificiale e giornalismo. Stupiti? No, se conoscete la realtà di Applied XL, una start-up fondata dal giornalista computazionale Francesco Marconi e dall’imprenditore Scott Cohen.

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Intelligenza artificiale e giornalismo, il colloquio con Marco Pratellesi

A noi l’ha presentata Marco Pratellesi, giornalista e senior strategy advisor di Applied XL: «La start-up è nata a gennaio 2020 a New York sull’idea di un giovane giornalista computazionale che ha lavorato all’Associated Press, guidando il team che ha portato l’intelligenza artificiale nella redazione, e che poi ha avuto un’esperienza al Wall Street Journal come capo del laboratorio di ricerca e sviluppo per i progetti di automazione delle news. La start-up si occupa di giornalismo computazionale in senso ampio: il suo scopo è quello di prendersi cura della salute delle persone, dei luoghi e del pianeta». In quest’ultimo anno, sono state – ad esempio – realizzate due dashboard sul Covid, fondamentali sia per il tracciamento della pandemia, sia per incrociare i dati della pandemia stessa a quelli sociodemografici degli Stati Uniti, in modo tale da fare informazione predittiva sulle aree maggiormente colpite, sulla loro capacità di far fronte al fenomeno, sugli eventuali interventi da mettere in campo per limitarlo.

Facile, dunque, intuire come l’intelligenza artificiale possa essere utile a migliorare i contenuti giornalistici. «Attraverso un sistema che permette di contestualizzare i dati e annotarli, esperti umani insegnano alla macchina quali sono i dati di valore e perché sono di valore: allenano la macchina a estrarre dalle miniere di dati, quelli importanti a capire ciò che sta accadendo» – prosegue Pratellesi.

L’intelligenza artificiale – che non è una entità astratta o una sorta di spauracchio di cui aver paura – permette di processare grandissime quantità di dati, ovviamente sulla base delle indicazioni che vengono guidate da team di esperti. Nel caso delle redazioni, per semplificare, i giornalisti: questi ultimi continuano ad avere il ruolo fondamentale di individuare i valori notizia che deve seguire l’intelligenza artificiale e il tone of voice adatto alla testata. Non solo: l’intelligenza artificiale potrebbe farsi carico di tutte quelle operazioni ripetitive che quotidianamente le redazioni vivono (notizie di flusso, rielaborazione delle agenzie di stampa) e permettere ai giornalisti professionisti di impiegare il loro tempo nella ricerca di storie che vale la pena raccontare.

Si tratta di modelli che in Nord America, ad esempio, sono ormai all’ordine del giorno (l’esperienza di Francesco Marconi dovrebbe darci più di un’indicazione in proposito) e che permettono a diverse testate di affermarsi anche a livello qualitativo rispetto ai propri concorrenti (nel 2020, ad esempio, il canadese The Globe and Mail ha vinto l’Online Journalism Award nella sezione innovazione tecnologica al servizio del giornalismo). In Italia, invece, siamo molto indietro. 

Marco Pratellesi
Marco Pratellesi, Senior Strategy Advisor · ‎Applied XL

«Tutti gli esempi virtuosi di cui abbiamo sin qui parlato – dice Pratellesi – riguardano testate per le quali gli editori hanno costruito dei laboratori di ricerca e sviluppo. Si sono creati nuclei interdisciplinari che hanno il compito di individuare quali sono i problemi della testata e come, attraverso l’intelligenza artificiale, questi problemi possano essere risolti. In Italia, questa cultura è completamente assente: dopo la crisi del 2008, non si è investito in innovazione e sviluppo alla ricerca di modelli di business sostenibili, cosa che nel nostro Paese non è successa».

È un modello sostenibile?

Perché – udite, udite – l’intelligenza artificiale applicata al giornalismo è totalmente sostenibile, senza per forza dover fare la tara sulla sostituzione di risorse umane. Semplicemente, i lavori ripetitivi e di calcolo possono essere agevolmente affidati all’intelligenza artificiale (con un risparmio significativo sul costo del lavoro); quelli di sostanza, di narrazione, di qualità ai giornalisti delle redazioni (magari incentivati e finanziati dai risparmi sulla precedente voce di bilancio). E questo vale per tutti, non soltanto per le grandi concentrazioni editoriali, ma anche per i piccoli e medi editori.

«Abbiamo una grandissima disponibilità di dati, della loro gestione e del loro calcolo, grazie a computer molto più potenti – conclude Pratellesi -. Tutte queste tre operazioni stanno registrando un progressivo calo dei costi. È inevitabile che, prima o poi, anche in Italia gli editori si rendano conto che il mondo va in quella direzione, che il giornalismo va in questa direzione e che bisogna prendere atto di questo cambiamento. Ricordate quello che è successo negli anni Novanta con il giornalismo digitale? È un déjà-vu».

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