Archiviata la querela presentata da Fedez e Chiara Ferragni: sui social si è liberi di insultare

23/10/2019 di Enzo Boldi

Ogni giorno, facendo un rapido giro sui social, ci si trova di fronte a qualsiasi genere di libero pensiero che a volte cade nell’insulto e nell’offesa altrettanto libera e non giustificata. La Procura di Roma, però, adesso segna il passo con una decisione che potrebbe dare il via a una escalation ancora più eclatante. La vicenda riguarda due personaggi molto noti, soprattutto al mondo della rete: Chiara Ferragni e il marito Fedez. Entrambi avevano presentato una querela nei confronti di Daniela Martani – ex concorrente del Grande Fratello – per gli insulti social ricevuti dopo la tanto contestata festa di compleanno in un supermercato.

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«Io ve lo dico da anni che sono due idioti palloni gonfiati irrispettosi della vita delle persone e degli animali – aveva scritto Daniela Martani su Twitter nella notte del 23 novembre del 2018 -. Per far parlare di loro non sanno più cosa inventarsi. Fare una festa a casa era troppo normale altrimenti chi glieli mette i like». Parole al vetriolo che, tra le altre cose, seguivano un sentimento abbastanza comune sui social dopo la pubblicazione di quelle famose Instagram Stories da parte del duo Fedez-Ferragni.

Gli insulti social non meritano un processo: il caso Fedez-Ferragni-Martani

Parole ritenute lesive dalla coppia. Per questo motivo, attraverso i loro legali, avevano presentato un querela alla Procura di Roma contro Daniela Martani per insulti social. Ma il Pm Caterina Sgrò – come riporta il Corriere della Sera – ha deciso di non dare seguito a quella denuncia creando, di fatto, un precedente sull’assenza di limiti di ciò che si può dire (comprese ingiurie e offese personali) nei confronti di qualsiasi altro utente o persona.

Il parere del pm che ha respinto la querela

Nello specifico, la Procura di Roma spiega che sulle piattaforme social «accade che un numero illimitato di persone, appartenenti a tutte le classi sociali e livelli culturali» abbia la necessità di sfogare immediatamente la propria rabbia e frustrazione, lasciando giudizi «fuori da qualsiasi controllo» con «termini scurrili, denigratori, ecc., che in astratto possono integrare il reato di diffamazione, ma che in concreto sono privi di offensività». Tutti i connotati per un reato. E invece è proprio il contesto a non rendere gli insulti social punibili (o meritevoli di processo): le «espressioni denigratorie godono di scarsa considerazione e credibilità» e «non sono idonee a ledere la reputazione altrui».

(foto di copertina: ANSA/ETTORE FERRARI)

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