L’inquinamento “prodotto” dall’Intelligenza Artificiale

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Per il momento si tratta di stime, ma basta pensare ai processi informatici utilizzati dalle sole chatbot o AI generative per fornire un quadro della situazione

I dati sono, per il momento, delle mere stime e solo nei prossimi anni riusciremo ad avere un quadro delle situazione molto più definito. Ma per capire il livello di inquinamento (sia in termini di consumo che per quanto riguarda le emissioni di CO2) degli strumenti di intelligenza artificiale, già oggi ci sono degli indicatori e dei rapporti che possono darci una mano a capire cosa sta accadendo e cosa potrebbe succedere nel giro del prossimo decennio. Non è un caso, infatti, che secondo le previsioni inserite nell’ultimo osservatorio ESG Big Tech 2023 di Karma Metrix, i livelli di emissioni di gas serra (anidride carbonica ed equivalenti) previsti per il 2030 siano elevatissimi.



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Proprio nella giornata di ieri, giovedì 25 maggio, Giornalettismo ha parlato di come gli strumenti AI siano in grado di dare una grande mano per contrastare il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale. Algoritmi, tecniche di machine learning e intelligenze artificiale possono essere di aiuto per unire e analizzare dati, anche in fase previsionale. Ma questo è solo uno dei lati della medaglia, perché le grandi aziende del mondo Tech – basti pensare a Google (Alphabet, Inc.), Meta e Microsoft – rientrano anche nel novero di quelle che producono più emissioni e consumano più energia. Più di tanti singoli Paesi. E sono proprio che stanno iniziando a spostare il loro business sull’AI.



Inquinamento Intelligenza Artificiale, tra consumi ed emissioni

Come è evidente, parlare di inquinamento Intelligenza Artificiale è molto complesso per via di una serie di fattori. Alcuni negativi, altri con effetti potenzialmente negativi sul pianeta. Sta di fatto, che per approfondire questo tema è necessario prendere in considerazione alcuni elementi strutturali. Tre macro-categorie (o fattori)  che indicano come questi sistemi (sia in fase di sviluppo che in fase di utilizzo da parte di una moltitudine di utenti) contribuiscano all’aumento delle emissioni di CO2 facendo crescere i consumi energetici.

  1. La produzione di hardware e dei suoi componenti (dalle GPU alle CPU) richiedono una vasta quantità di energia e l’utilizzo di materiali che, di conseguenza, hanno un importante impatto sulle emissioni di gas serra nel nostro pianeta. Anche perché il ciclo di vita delle componenti per la produzione non è perpetuo.
  2. L’energia utilizzata per l’addestramento (e per l’esecuzione dei modelli) su larga scala (come accade per GPT-3) è notevole perché si tratta di una serie di operazioni che richiedono ingenti quantità di risorse di calcolo. Dunque, più il modello è complesso, più sarà lunga la fase di addestramento. Questo sillogismo si conclude con un epilogo noto: maggiore consumo energetico, quindi maggiori emissioni. C’è, però, un aspetto da sottolineare: una volta conclusa la fase di addestramento, ogni operazione richiederà un dispendio inferiore di energia.
  3. Le infrastrutture di calcolo, cioè i data center in cui si trovano hardware utilizzati per l’addestramento dell’AI e l’esecuzione dei modelli, consumano una notevole quantità di energia. Non solo per far funzionare questi sistemi, ma anche per quel che riguarda il raffreddamento dei server (in molti casi si utilizza l’acqua, altro bene primario).

Per provare a quantificare il livello di inquinamento Intelligenza Artificiale, possiamo affidarci alle stime e ad alcuni calcoli effettuati nel corso degli ultimi mesi.



I livelli

Per esempio, come sottolineato in uno nostro precedente approfondimento che ha le sue fondamenta su un rapporto di Karma Metrix, il solo ChatGPT emetterebbe – in un solo giorno – circa 3.8 tonnellate di CO2e. Dunque, la Carbon Footprint di questo strumento sviluppato da OpenAI è elevatissima. Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo El Pais, il comparto dell’AI – per quel che riguarda i data center – rappresenta tra l’1 e il 2% del consumo energivoro globale. E si tratta di stime che devono fare i conti con molte altre sfaccettature. Infatti, non è un caso che rispetto ai dati del 2020, nel 2021 le aziende BigTech che hanno iniziato a investire su cloud e intelligenza artificiale abbiano visto aumentare i propri consumi energetici, parallelamente ai livelli di emissione. Dunque, appare evidente che occorra una maggiore razionalizzazione di risorse per evitare che un qualcosa che può essere di grande utilità per aiutare l’essere umano a correggere i propri errori del passato e del presente e non commetterli nuovamente nel futuro.