Josip Ilicic: «Dopo la morte di Astori avevo paura di addormentarmi e non risvegliarmi più»

02/11/2018 di Enzo Boldi

Con il suo ritorno in campo l’Atalanta è tornata a far punti, scalando la classifica che solo due settimane fa la vedeva galleggiare ai margini della zona salvezza. Ora Josip Ilicic, a suon di gol e assist, ha ripreso in mano la sua Dea dopo aver saltato molte partite a causa di un’infezione che lo ha tenuto lontano dal campo da gioco. Lo sloveno, classe 1988, ha raccontato la sua malattia e le sue paure al Corriere dello Sport.

«Ho avuto paura. Dicevo: ‘e se domani mattina non mi sveglio? Come farò a non vedere più la mia famiglia?’ – ha spiegato Ilicic al Corriere dello Sport – Ci sono persone che col mio stesso problema sono finite in coma. A me l’infezione è rimasta circoscritta ai linfonodi del collo, ad altre persone si è estesa». Una confessione che mette in mostra il lato umano di un calciatore in un mondo che, spesso e volentieri, viene dipinto come senza problemi.

Ilicic, la malattia e il pensiero di Davide Astori

Quell’infezione ai linfonodi del collo, per cui è stato ricoverato per molti giorni all’ospedale di Bergamo, sembra esser stata scongiurata, ma ha fatto vivere al calciatore sloveno dell’Atalanta un tormentato periodo provocando in lui anche oscuri presagi, anche in memoria di quanto accaduto lo scorso 4 marzo al capitano della Fiorentina Astori. «Quello che è successo a Davide mi ha fatto passare dei momenti difficili e ho sofferto per tanti giorni – ha spiegato Ilicic -. È stata una tragedia terribile che non mi permetteva di dormire. E quando sono stato male io, ho avuto paura che mi potesse succedere qualcosa di simile. C’è stato un periodo in cui avevo paura di andare a letto e addormentarmi».

«Ho pensato anche al ritiro»

Un’esperienza che ha spinto il trequartista atalantino a cambiare le priorità della sua vita, con il pensiero (per il momento scongiurato) di abbandonare anche il mondo del calcio: «Ho smesso di guardare le partite, ho pensato solo alla mia famiglia, speravo solo di tornare a camminare, non fare il calciatore. Ora è tutto diverso, quando torno a casa voglio solo stare con i miei, perché la vita è breve. È cambiato qualcosa, ora vivo meglio, mentre prima mi arrabbiavo per cose di poca importanza»

(foto di copertina: ANSA/PAOLO MAGNI)

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