Il riscaldamento globale ci farà importare l’olio dall’estero

Un dato senza precedenti che ci racconta, più di tabelle e moniti di scienziati, quello che significa quotidianamente il termine “riscaldamento globale” per la nostra economia e anche per la nostra tavola. Le condizioni climatiche estreme hanno fatto crollare la raccolta di olive, uno degli ingredienti principali della cosiddetta “dieta mediterranea”, elemento essenziale per la produzione di olio, e vero e proprio simbolo del Belpaese. Un vero e proprio tonfo  che fa segnare un vertiginoso -59% rispetto all’anno precedente e che potrebbe, dal mese di aprile, costringerci a importare olio e olive dall’estero. È di fatto il peggiore dato degli ultimi 25 anni, stime allarmanti che avevano fatto esplodere le proteste degli agricoltori appena qualche giorno fa, scesi in piazza con i famosi “gilet arancioni” come implicito rimando ai gilet gialli che stavano mettendo in subbuglio la Francia.

Uno scenario inquietante per tutto il Mediterraneo

E se le stime sono stata rese note qualche giorno fa da un’impietosa analisi di Coldiretti, oggi vengono riprese dal quotidiano britannico The Guardian, che sottolinea l’allarmante dato per quanto riguarda tutta l’area del Mediterraneo.

Il pessimo dato italiano infatti, va di pari passo con le flessioni delle raccolte di olive in Portogallo (-20%) e Grecia (-40%). Tra le cause bisogna annoverare le anomalie climatiche come: la siccità estiva e la scarsa piovosità, così come i forti venti e le gelate primaverili. L’area del Mediterraneo si è mostrata infatti, particolarmente suscettibili ai cambiamenti indotti dal riscaldamento climatico: la temperatura da noi è aumentata di +1.4° gradi rispetto a una media globale di +1° rispetto alla media pre-industriale, mentre le precipitazioni sono calate del -2.5%%.

Intervistato dal Guardian, Riccardo Valentini, direttore del Centro Euro-Mediterraneo per il cambiamento climatico non ha dubbi: «Ci sono chiari modelli che correlano eventi climatici estremi con il calo della produzione di alimenti» aggiungendo che è un trend previsto con il quale dovremmo riuscire a scendere a patti in futuro. «Tre o quattro giorni con temperature sopra i 40 gradi d’estate o 10 giorni senza piogge, così come due giorni di freddo intenso in primavera sono più importanti, per le coltivazioni, della media di un anno intero» conclude Valentini.

 

 

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