Perché, secondo il Guardian, i “nemici” della Plastic Tax stanno vincendo
04/11/2019 di Daniele Tempera
È stata prospettata come uno dei cardini della prossima finanziaria. Ma nonostante le dichiarazioni del ministro dell’Economia Gualtieri che ha dichiarato negli scorsi giorni: “Dobbiamo ridurre l’utilizzo della plastica monouso. Non possiamo prima applaudire i giovani in piazza per l’ambiente e poi non agire” e l’allarme del Codacons che prevedeva rincari ai danni dei consumatori, la legge sulla plastica verrà probabilmente rimodulata. Nella bozza la tassa avrebbe imposto alle aziende 1 euro ogni kg di plastica prodotta (incluse bottiglie di plastica, buste e vaschette, ma anche tetrapak del latte o i contenitori dei detersivi) sta facendo storcere il naso a politici e associazioni di industriali e verrà molto probabilmente ridimensionata nel corso della finanziaria. Una scelta che, secondo il quotidiano inglese The Guardian, sarebbe influenzata non poco dalle associazioni industriali e dai gruppi di interesse interessati a fermare le riforme ambientaliste per mantenere invariati i propri livelli di profitto.
Da Italia Viva a Federchimica: chi vuole fermare la Plastic Tax
Per il quotidiano inglese i primi “avversari” della manovra si trovano proprio all’interno della maggioranza con Matteo Renzi e “Italia Viva” che vedono nella tassa come “una mazzata alla classe media”, alludendo ai probabili costi che le aziende avrebbero scaricato sui consumatori e ribadendo il suo fermo no a nuove tassazioni.
PLASTIC FREE: ALLA SCOPERTA DELL’ITALIA CHE HA SCELTO IL CAMBIAMENTO
E se circa 500 mila tonnellate di plastica finiscono ogni anno nel Mar Mediterraneo, la sintesi fra l’urgenza di misure “green”e quella di non pestare troppo i piedi al mondo produttivo viene da Stefano Bonaccini, candidato PD nelle prossime regionali emiliane che insiste sulla necessità di “una rivoluzione ecologica che non intacchi attività produttive e posti di lavoro” conclude il Guardian.
Rimane la curiosità di sapere se, nel caso del tabacco, la salvaguardia del business e dei posti di lavoro sopravanzi la salute dei cittadini. Quello che ci sembra invece certo è che il coraggio non sia di certo una delle componenti fondamentali del cosiddetto “riformismo” italiano.