Il governo non ha fermato la procedura sulle trivelle nel mar Ionio

07/01/2019 di Redazione

Il via libera alle trivellazioni nel mar Ionio per la ricerca di petrolio è l’ultimo grattacapo per il Movimento 5 Stelle, che si è sempre speso negli anni contro le perforazioni e che si ritrova oggi al centro delle polemiche per un nuovo dietrofront in materia ambientale, dopo quelli su gasdotto Tap e Ilva. Luigi Di Maio, nella veste di ministro dello Sviluppo Economico, ha di fatto dato il permesso ad interventi in un’area di 2.220 km quadrati. Tutto è stato messo nero su bianco sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse, Buig, dove vengono indicati tre autorizzazioni di ricerca alla società americana Global Med Llc, con sede legale in Colorado. I permessi riguardano due aree contigue sotto Santa Maria di Leuca, in Puglia, e sotto Crotone, in Calabria.

Le polemiche per il via libera alle trivellazioni nello Ionio

Il capo politico M5S si è difeso sostenendo che le ricerche di idrocarburi erano in realtà state autorizzate dai vecchi governo a guida Pd e in particolare dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, con una Via, valutazione di impatto ambientale, favorevole. Ad attaccare sono i gruppi ambientalisti. Il caso del via libera alle trivellazioni nello Ioni è stato sollevato, spulciando il Bollettino, da Angelo Bonelli, ex deputato ed ex presidente della Federazione dei Verdi. Come riporta Repubblica, Bonelli evidenzia che l’attuale ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, «non dice che i suoi uffici hanno dato pareri positivi per le trivellazioni in Adriatico e alla Shell nell’area del Parco nazionale Appennino lucano Val d’Angri-Lagonegrese». E in più, non sarebbe stato avviato nessun atto per fermare l’iter avviato dal vecchio governo. A pagina 26 del Buig inoltre, ha rilevato ancora Bonelli, si parla anche dell’air gun, ovvero le «bombe d’acqua e sonore che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica». Si tratta della tecnica «più efficace per lo studio delle caratteristiche geologiche del sottosuolo marino».

Le polemiche politiche non si sono fatte attendere. È insorta la base del M5S in Puglia, che ha già dovuto digerire bocconi amari su Tap e Ilva. Ma è passato all’attacco anche il governatore Pd Michele Emiliano, pronto a impugnare le scelte dei ministri. «Di Maio e il ministro dell’Ambiente Costa come Renzi e Calenda», ha detto il presidente di Regione. «Con la differenza che Renzi e Calenda erano dichiaratamente a favore delle trivellazioni, mentre Di Maio e Costa hanno tradito quanto dichiarato in campagna elettorale. La mia solidarietà ai militanti M5S della Puglia che purtroppo avevano creduto alle affermazioni su Ilva, Tap, trivellazioni e tante altre cose…». Di Maio risponde: «A dicembre, un funzionario del mio ministero ha sancito quello che aveva deciso il vecchio governo. Non poteva fare altrimenti, perché avrebbe commesso un reato». E su Emiliano che vuole impugnare: «Sono contento, spero così che un giudice blocchi quello che da qui non potevamo bloccare senza commettere un reato».

Il Corriere della Sera riporta anche il parere di un costituzionalista del comitato No Triv, Enzo Di Salvatore: «Tutto quello che avevamo contestato ai precedenti governi viene attuato dal governo del cambiamento». Costa, infine, si oppone così alle critiche: «Da quando sono ministro non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e mai lo farò. Non voglio riportare l’Italia al Medioevo».

(Foto di copertina da archivio Ansa: Piattaforma Ombrina Mare vista da Goletta Verde. Fonte: ufficio stampa Legambiente / Ansa)

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