Perché Google ha passato alcuni dati utenti a Hong Kong dopo aver promesso di non farlo?

Google ha deciso di fornire i dati di alcuni utenti dopo una richiesta da parte di Hong Kong su tre casi specifici

13/09/2021 di Ilaria Roncone

La Cina reprime le proteste pro-democrazia e Google ha giurato di non aiutare mail Hong Kong passando alle autorità i dati degli utenti. Dati che, ovviamente, potrebbero essere utilizzati per condannare ingiustamente i cittadini basandosi sui contenuti pubblicati. La severissima legge sulla sicurezza nazionale è stata approvata in seguito alle proteste di Hong Kong nell’estate 2019 e Google, lo scorso agosto, aveva promesso che non avrebbe risposto alle richieste di dati da parte del governo di Hong Kong. Ci sono stati, però, almeno 3 casi su 43 per i quali il colosso tech ha fatto un’eccezione.

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La repressione di Hong Kong passa dal monitoraggio

In Cina, dopo il passaggio della legge, i cittadini vengono puniti basandosi sul concetto vago di «secessione, sovversione, terrorismo e collusione». La condanna, per chi viene ritenuto colpevole, può arrivare fino all’ergastolo. Sono parecchi gli attivisti che, a Hong Kong, vengono indagati dopo essere stati accusati in tal senso. Facebook e Twitter, appena un mese dopo l’entrata in vigore della legge, hanno smesso di collaborare con il governo e Google ha affermato che avrebbe fatto la stessa cosa. L’atto di condivisione è avvenuto secondo quello che è il regolamento dell’azienda, che esamina le richieste respingendo quelle che potrebbero violare la privacy degli utenti.

In quali casi Google ha passato i dati a Hong Kong

Le informazioni sono state richieste in un caso per la presunta minaccia della vita di una persona, che gli inquirenti hanno ritenuto credibile, e negli altri due per indagini sul traffico di esseri umani. Con le richieste è arrivato anche un mandato di perquisizione firmato da un magistrato. Niente a che vedere, quindi, con la repressione della popolazione. Google, infatti, in casi come questo è autorizzato a fornire i dati degli utenti – anche perché non erano richieste informazioni sui contenuti degli user coinvolti -.

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