Giuseppe Conte e la conferenza stampa di fine anno: tra rimpasti e falsità
29/12/2018 di Gaia Mellone
Citazioni latine e letterarie, ma di ciccia c’è n’è poca. Giuseppe Conte ha tenuto ieri venerdì 28 dicembre la conferenza stampa di fine anno, e ha cercato di ammaliare i giornalisti con frasi come «cum grano salis» e tirando in ballo l’avaro di Moliére, ma è servito a poco. Sopratutto, sembrava un continuo giochino avanti-indietro.
Giuseppe Conte difende la manovra, nonostante i pensionati
Il presidente del Consiglio difende la manovra, e non potrebbe certo fare altrimenti. «Avete scritto che la manovra ce l’ha dettata Bruxelles, ma non è vero» dice bacchettando i giornalisti presenti alla conferenza stampa di fine anno di Palazzo Chigi, dicendo che l’Italia non è assolutamente un osservato speciale dell’Europa. Nessun innalzamento nemmeno della pressione fiscale, come aveva certificato l’ufficio parlamentare di bilancio, perché Conte spiega che «a pagare di più saranno solo i giganti del web, banche e assicurazioni». Eccessiva anche la polemica per la riduzione degli aumenti delle pensioni sopra i 1500 lordi: si tratta di pochissimi euro, «non se ne accorgerebbe nemmeno l’avaro di Moliére». Ma la battuta fa infurioriare i pensionati, che sotto le sigle sindacali stavano già protestando in molte piazze italiane. Ma Conte si chiede dove fossero tutti questi sit-in durante l’approvazione della Legge Fornero, salvo poi chiarire, con una nota da Palazzo Chigi, che non si stava parlando dei cittadini ma solo dei pensionati.
Giuseppe Conte e i vicepremier, si va d’amore e d’accordo
Molte delle polemiche legate al governo giallo-verde, si la scarsità di comunicazione. I continui rimandi a colpi di social tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio non costruiscono un’immagine di governo solida e stabile, considerando che i litigi sono spesso su visioni divergenti su questioni chiave dell’attività di governo. Tanto che si vocifera di un possibile rimpasto, ipotesi che Conte non esclude: «Se fosse prospettato lo valuteremo. Spero sia condiviso, che non destabilizzi. Ma siamo nel periodo ipotetico del terzo, quarto grado». Risposta che in quanto a vaghezza ricorda molto la celebre di Toninelli, «pochi mesi, massimo anni». Giuseppe Conte però tira subito il freno a mano, chiarendo che è un’ipotesi davvero remota anche perché all’interno del governo c’è «totale sintonia». E le discussioni sulle opere pubbliche, sugli inceneritori, sull’evasione fiscale e sul fisco ? «Si fa un torto alla Lega se si pensa che voglia andare incontro all’elusione o all’evasione fiscale». E poi, come un genitore magnanimo, porge il complimento anche all’altro vicepremier, Luigi Di Maio: «Lo avete crocifisso per il balcone, ma esultava per una misura di giustizia sociale come il reddito di cittadinanza». Neanche sulla Tav ci sarebbero grandi questioni, la prima valutazione arriverà prima della fine di dicembre e la decisione del governo «prima delle elezioni europee». Il calendario allora dovrebbe mettere un po’ di fretta al governo, ma di date certe non ce ne sono. A gennaio, il governo dovrà rivedere parecchi punti: dal raddoppio delle tasse al Terzo Settore, che Conte riconosce essere stato uno sbaglio, fino alla quota 100, passando per i tagli all’editoria. Proprio contro i giornalisti è scattato l’avvertimento: simbolico l’invito del premier a Radio Radicale di imparare «a camminare con le proprie gambe», proprio quella radio che trasmette quotidianamente convegni e lavori parlamentari. Ma di tutto questo si parlerà nella prossima puntata, dopo il cotechino e le lenticchie, che si sa portano denaro.
(credits immagine: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)