Giulio Blasi: «Internet Archive resta una fonte fondamentale, ma si sarebbe potuto trovare un compromesso»

Il CEO di Horizons Unlimited, la società bolognese che realizza il servizio MLOL, ha cercato di chiarire tutti gli aspetti controversi della causa Hachette-Internet Archive. Con uno sguardo anche all'Italia

22/03/2023 di Gianmichele Laino

Discorso Open Library e diritti d’autore. Il caso di Hachette (e di altri importanti editori internazionali) che ha fatto causa a Internet Archive per la sua attività, limitata nel tempo, di condivisione delle copie digitali di alcuni volumi nel periodo della pandemia e del lockdown, ha sicuramente acceso il riflettore sul prestito bibliotecario e sull’adozione di sistemi informatizzati – attraverso copie digitali, appunto – in tutto il mondo. Se negli Stati Uniti a essere contestata è stata la prassi del Controlled Digital Lending applicata al caso specifico della Open Library di Internet Archive (una delle risorse più preziose al mondo per conservare la memoria digitale), dobbiamo capire cosa ci si può aspettare in Italia, anche alla luce del recepimento della direttiva europea sul copyright. Per farlo, abbiamo contattato Giulio Blasi, CEO di Horizons Unlimited, la società bolognese che realizza il servizio MLOL.

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Giulio Blasi e il punto di vista italiano sulla questione Hachette-Internet Archive

MLOL è la prima piattaforma digitale per biblioteche in Italia. Utilizzando i suoi servizi, si consente a tante persone iscritte ai servizi bibliotecari di diverse città nelle 20 regioni italiane di aver accesso alle copie digitali dei libri contenuti proprio nelle biblioteche fisiche. Un valore aggiunto nell’era – soprattutto post-pandemica – in cui si tende a superare lo spostamento, preferendo l’accesso a luoghi attraverso il web. Tuttavia, le radici di MLOL affondano a un tempo ben precedente della pandemia, addirittura prima ancora che il mercato dell’e-book diventasse mainstream. Insomma, le prime operazioni di messa in circolazione di copie digitali di libri hanno preceduto di diversi anni l’affermazione del mercato dell’epub. MLOL si basa su un concetto di prestito digitale molto diverso da quello che viene contestato a Internet Archive: la differenza sta nel concetto di digital lending (in sintesi, il prestito di libri che sono pensati anche nel formato digitale) e in quello di controlled digital lending (vengono digitalizzati anche libri per i quali non era previsto un formato elettronico).

«La variante del CDL è qualcosa che fanno praticamente solo in Internet Archive – spiega a Giornalettismo Giulio Blasi -. Ovviamente, si tratta di un’operazione che ha un supporto estremamente importante e di spessore da parte di tante biblioteche pubbliche americane e da organizzazioni molto prestigiose. Però il CDL resta una cosa che fanno solo loro e resta una loro interpretazione del fair use previsto dalla legge americana sul copyright nel 1976. In altre parti del mondo questo sistema viene usato, per esempio, per i libri antichi».

Le sfumature sul concetto di controlled digital lending

La questione, come al solito in questi casi, sta nelle sfumature. Ma non si può negare il grande ruolo educativo che ha una piattaforma come Internet Archive. «C’è un problema di diritto effettivo. Il digital lending si basa su contratti che non potrebbero essere contestati in nessuna parte del mondo: tutto quello che viene fatto è stabilito insieme agli editori. Detto questo, Internet Archive è una biblioteca digitale fondamentale per il mondo intero, perché non ha eguali in nessun altro Paese. Si potrebbe paragonare di più a Wikipedia: colpire una di queste due istituzioni potrebbe avere un effetto davvero importante sugli utenti di tutto il mondo. Il controlled digital lending non è una legge: è una presunzione unilaterale di Internet Archive che molti, me compreso, ritengono fondata. Ma resta un’interpretazione. La distribuzione dei contenuti digitali di tutto il mondo non ha una normazione adeguata. Faccio un esempio: il prestito dei libri fisici è considerato una eccezione al diritto d’autore, ma è previsto nella legge. Per quanto riguarda il prestito digitale, invece, tutto questo non c’è e allora si finisce nel campo delle interpretazioni».

Ai grandi editori non ha fatto sicuramente piacere il fatto che, in periodo di pandemia, il prestito sia stato esteso anche a più di una copia per volta. Ma, secondo Giulio Blasi, questo fatto è stato solo una leva per andare a colpire più in profondità. «Sicuramente l’apertura al prestito plurimo è stata considerata scatenante. Ma potrebbe essere stata una leva per colpire tutto il sistema del controlled digital lending che è visto in maniera diametralmente opposta dagli editori, che lo ritengono inaccettabile. Sarà interessante vedere la risposta dei giudici sul principio del fair use: l’apertura totale del prestito dei libri nei giorni della pandemia non ha creato un danno importante. I danni vengono creati dal grande ecosistema dei siti pirata, che comunque resta un obiettivo per i grandi editori perché creano un danno economico istantaneo e misurabile per i grandi editori».

In ogni caso, se la prospettiva dei grandi editori non può considerarsi libera da pregiudizi, c’è da dire che anche Internet Archive sarebbe potuto scendere a patti: «Una mancanza di Internet Archive potrebbe essere stata la mancanza di una concertazione con gli editori – conclude Giulio Blasi -. Del resto, è nella natura di quel tipo di servizio lavorare indipendentemente da qualunque accordo. Ci sono delle iniziative open, come quella nata in seno ad Harvard, che lavorano anche con titoli coperti da diritti, costruendo tuttavia una rete importante con gli editori di questi stessi titoli. Il sistema segue il principio del digital lending, ma da una prospettiva non profit, cercando di ottenere un certo tipo di vantaggi per le biblioteche. Quella di Internet Archive, insomma, non è l’unica strada percorribile».

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