Le fake news sul sangue incidono sui numeri delle donazioni?

Il primo spezzone dell'intervista al presidente di Avis Gianpietro Briola, che analizza questo tema e lo rapporta ai dati del 2020 e del 2021 sulle donazioni di sangue

30/08/2021 di Gianmichele Laino

Anno 2007. Tra gli sms ricevuti quotidianamente compariva spesso una sorta di catena di Sant’Antonio con questo testo: «Bimbo di 17 mesi necessita di sangue gruppo B+ per una forma di leucemia fulminante. Contattare all’ospedale Mayer». Nei giorni della maggiore diffusione di questa bufala (dal meccanismo social ante litteram), i centralini della struttura fiorentina erano completamente intasati. Si ricevevano chiamate da ogni parte d’Italia. Con un “piccolo” dettaglio: non era in corso alcuna emergenza sangue al Meyer di Firenze, come – del resto – aveva spiegato lo stesso ospedale, cercando di rasserenare gli animi. Quella del bimbo di 17 mesi che necessita sangue è stata una delle prime bufale 2.0 in campo medico e, purtroppo, ha trovato ulteriori declinazioni nel corso del tempo. La donazione di sangue, dunque, è diventato un aspetto su cui è necessario rispondere sempre con la corretta informazione, con le fonti ufficiali.

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Gianpietro Briola e il ruolo delle fake news nella donazione di sangue

Per questo, Giornalettismo ha contattato il presidente di AVIS Gianpietro Briola. In una fase delicata come quella che stiamo attraversando (dove le bufale in ambito sanitario si rincorrono, passando dalle false informazioni sul Covid-19 a quelle sui vaccini), è necessaria una comunicazione basata su dati, elementi concreti e verifiche scientifiche. E questo vale anche per il tema delle donazioni di sangue.

«Si è molto evoluto l’utilizzo dei social network rispetto al 2007 – ha detto Gianpietro Briola – e se all’epoca erano molto limitati coloro che si divertivano a mandare le fake news, oggi, essendo aumentato il pubblico ed essendo stati sdoganati tutti quelli che pensano di poter dire la loro solo per aver letto qualcosina qua e là, la situazione si è aggravata. Prima, le fake news avevano un aspetto collettivo; oggi, hanno un aspetto soggettivo: nel senso che oggi anche il singolo che inizia a scrivere una notizia “acchiappa-citrulli” riesce ad avere una certa capacità di rappresentare un punto di riferimento per un determinato tipo di pubblico e a creare delle difficoltà».

Avis è in campo da quasi cento anni e rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per i volontari che donano sangue in Italia. Ed è fondamentale anche il lavoro a livello informativo che fa su questo tema, potendo contare – e questa è senz’altro una cosa fondamentale – su una vasta rete di volontari storici.  «Abbiamo dei donatori abituali – ricorda Briola – che non sono particolarmente influenzabili dalle fake news. E questo per noi è sicuramente un bene. Tuttavia, per le associazioni è importante il grande pubblico, sono importanti i giovani: questi ultimi, frequentando assiduamente i social, sono molto sensibili a questo tema. Le fake news creano rischi e pericoli per tutta la società, non soltanto per l’ambito delle donazioni del sangue, ma per il grande tema dell’approccio critico a tutto ciò che ci riguarda direttamente».

I dati sulle donazioni di sangue negli ultimi anni

C’è sempre bisogno di donazione di sangue. Non si può non evidenziare questo aspetto, direttamente collegato a gran parte delle prestazioni sanitarie che si svolgono nelle strutture ospedaliere. Nell’anno del lockdown, il 2020, abbiamo assistito a un calo tutto sommato non così rilevante delle donazioni (sono stati 1.626.506, in calo del 3,4% rispetto al 2019), nonostante le difficoltà oggettive riscontrare in piena pandemia. In quest’anno 2021, invece, c’è stata un ulteriore diminuzione, che Avis non si aspettava.

 

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«La percezione sulla sicurezza dell’atto della donazione è rimasta uguale – spiega Briola -, soprattutto per quanto riguarda i donatori abituali. Quello che è cambiato nell’approccio è stata l’organizzazione e la gestione dei centri di raccolta. Anche noi siamo stati obbligati giustamente a mantenere il distanziamento, a far accedere i donatori secondo programmazione d’orari e non più a libero accesso. Anche il percorso di donazione differita (ovvero, il fatto di realizzare degli appositi esami al nuovo donatore per verificare la sua idoneità alla donazione stessa, ndr) ha avuto, per forza di cose, dei rallentamenti e delle complicazioni. L’altro tema che ha inciso parecchio è stato l’avvicinamento ai presidi ospedalieri: molti donatori avevano delle grandi perplessità nel frequentare gli ospedali, anche solo per l’atto della donazione».

Il calo, dunque, sembra rispondere più a una particolare congiuntura storica, legata alla campagna vaccinale e alla distrazione dell’impegno sanitario sulla vaccinazione – utilizzando medici, infermieri, risorse e strutture – che ha distolto un po’ dagli altri temi. Per quanto riguarda la donazione, come si evince anche dal report di Avis che certifica l’autosufficienza per il sangue in Italia, influisce molto il concetto del calo demografico: i giovani sono sempre meno. Sono queste, al momento, le problematiche che ci troviamo ad affrontare. Le fake news, invece, lasciano magari un dubbio momentaneo; ma è un ostacolo che si può facilmente rimuovere, anche se – negli ultimi mesi – la disinformazione su questo tema è stata davvero tanta.

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