Gianpi Tarantini, chi era costui?
01/09/2011 di Tommaso Caldarelli
Vi raccontiamo vita, morte e miracoli dell’uomo che portò Patrizia D’Addario a casa di Silvio
Prima del caso Ruby c’era il caso Patrizia d’Addario. Fu il primo tempo della rivelazione dello stile di vita privato dell’uomo che da vent’anni monopolizza il dibattito pubblico italiano: il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E dunque senza lo scandalo D’Addario difficilmente il Fatto Quotidiano avrebbe scovato lo scoop dei festini notturni nella villa di Arcore; senza le intercettazioni che raccontavano i festini notturni di Palazzo Grazioli, difficilmente si sarebbe arrivati ai festini notturni nel monzese. E dunque, se alla fine siamo tutti in cerca della verità, abbiamo qualcuno che, forse, dovremmo addirittura ringraziare: Gianpaolo Tarantini da Bari, imprenditore delle protesi sanitarie auto-riciclato in lobbista e procacciatore di belle serate per i potenti di turno.
ARRESTATO TARANTINI – A portargli i nostri ringraziamenti, però, dovremo andare in galera.
La Digos della questura di Napoli e quella di Roma hanno arrestato l’imprenditore pugliese Gianpaolo Tarantini, 36 anni, e la moglie Angela Vevenuto 34 anni, nell’ambito dell’indagine sull’estorsione da 500 mila euro al premier Silvio Berlusconi. I coniugi sono stati arrestati a Roma e sono in viaggio verso Napoli. L’imprenditore sarà rinchiuso nel carcere di Poggioreale e la moglie in quello femminile di Pozzuoli.
L’accusa è di estorsione.
Tarantini avrebbe ricevuto un compenso per mentire circa la consapevolezza del premier che l’imprenditore avesse portato a Palazzo Grazioli escort.
“Grande” l’imbarazzo provato dal presidente del Consiglio davanti alla possibilità che l’uomo pugliese raccontasse nel processo che pende sulle sue spalle a Bari della consapevolezza, vera o presunta, che il presidente del Consiglio aveva sull’identità delle sue ospiti: non amiche che si fermavano volentieri a casa sua, ma escort pagate da Tarantini stesso. Per levarlo d’impaccio, il faccendiere pugliese aveva chiesto soldi. Molti.
L’estorsione ai danni del Cavaliere consisterebbe in un versamento di 500 mila euro a Tarantini e di altre somme versate ogni mese. Di questi versamenti i pm avrebbero avuto prova unicamente attraverso l’ascolto delle telefonate. Tarantini avrebbe ricevuto il compenso per continuare a dichiarare, nel processo barese in cui è indagato, che Berlusconi non sapeva di ospitare alle sue feste escort prezzolate dallo stesso imprenditore pugliese. Non una bugia, secondo l’imprenditore, tant’è che al telefono Tarantini ribadisce più volte che “quella è la verità”. Secondo l’accusa, il mezzo milione sarebbe dovuto servire, però, a convincere Tarantini a scegliere la strada del patteggiamento nel procedimento sul favoreggiamento della prostituzione nel quale Tarantini è indagato, evitando così un processo pubblico con la conseguente diffusione di intercettazioni telefoniche ritenute imbarazzanti per il premier.
Ma andiamo con ordine, cominciamo dall’inizio. Questa è la fine: pagamenti vitalizi per mentire nell’ambito di un processo di favoreggiamento della prostituzione.
L’UOMO DI BARI – L’inizio di Gianpaolo Tarantini è altrove. Nel settore sanitario, nell’indotto degli ospedali, nella creazione-produzione di protesi mediche. Era, la chiama così Repubblica, l’azienda di famiglia, il suo core business. Ma da questa attività, Gianpaolo Tarantini si dedica a ben altro: consulenze ovunque, partecipazioni, collaborazioni. Ecco una sua breve biografia.
Un principino della sanità. Con interessi che spaziano anche in altri settori. Dopo il master in scienze industriali a indirizzo marketing all’università svizzera di Herisan, Tarantini è amministratore, dal 2000 al 2007, di Tarmedica snc. Stesso incarico riveste, dal 2002 al 2008, in Tecnohospital (l’azienda di famiglia) e in Global System Hospital, società delle quali è socio così come in Self, distribuzione giornali (attività cessata) e in Prod. Eco, energia da fonti rinnovabili. Ha sede in Lussemburgo la Fulgor investiment, società che controlla SMA spa, nata nel gruppo Finmeccanica e ora punta di diamante del gruppo Intini leader nel campo della tutela del territorio, dell’ambiente e della meteorologia (numerosi i contratti con la Protezione civile). Anche qui Tarantini risulta socio. Dal Lussemburgo a Mosca, sede della Fisiokom, colosso delle forniture ospedaliere. Il ruolo, in questo caso, è di consulente. Idem per la Flexotec ltb di Londra, attiva nell’assistenza e nella comunicazione per il gruppo Finmeccanica.
Insomma, una persona ammanicata, un uomo di mondo con attività disparate e differenziate. E un uomo così, di certo, sa come godersi la bella vita: visto il numero di feste, party ed eventi mondani che organizzava, ci sarebbe proprio da pensare che un uomo del genere navigasse nell’oro. Che non avesse bisogno di niente e di nessuno.
LA BELLA VITA – E invece la realtà è del tutto diversa. Gianpaolo Tarantini la sua bella vita la viveva sulle spalle degli altri: a debito. Sulle spalle del fratello e del padre, rispettivamente socio presente e fondatore originario dell’azienda di famiglia, dalla quale Tarantini succhiava infiniti soldi per mantenere il suo esagerato tenore di vita.
Basta spulciare il bilancio del 2007, l’ultimo disponibile, per farsi un’idea delle incongruenze tra la situazione finanziaria dell’azienda e lo stile di vita del suo amministratore (socio assieme al fratello Claudio). Il Tarantini che esce dalla radiografia contabile della società (le altre a lui riconducibili sono praticamente “vuote”, alcune addirittura inattive) è un imprenditore fortemente indebitato. A fronte di un ricavo di 6,2 milioni la Tecno Hospital presenta debiti per 12,4 milioni (buona parte con le banche). Un’esposizione alla soglia del default. Certificata dal rating (“rischio molto alto”) con cui gli istituti di credito bollano l’azienda. Un’ulteriore conferma arriva dalle intercettazioni telefoniche. Tarantini ha sul collo il fiato dei direttori di banca (Bnl, Monte dei Paschi). Gli comunicano residui sul suo conto corrente. Ma soprattutto che i conti delle società (Tecno Hospital e Tarmedica in particolare) sono in rosso. Gli chiedono di “rientrare”, di “versare contante per ristabilire il patrimonio”. Eppure, con un bilancio da bancarotta, Tarantini si permette il lusso di prelevare cifre consistenti dalle casse di Tecno Hospital. Circa 1,3 milioni nel 2007. Di fatto – come stanno accertando i militari della polizia tributaria – “distrae risorse per fini estranei al core business”. Senza che nel bilancio risulti alcun investimento.
Che ci fa Tarantini con tutti questi soldi? Ci olia gli ingranaggi giusti. Il ragazzo ha ambizioni ben diverse che quelle del mercato della sanità pugliese: vuole fare il salto nel sottobosco della politica, vuole entrare nel mercato degli appalti: magari quelli della Protezione Civile, che sono per loro natura emergenziali, e dunque assegnati senza gara e in maniera del tutto discrezionale. Sono grossi business, molto importanti e rilevanti: la chiave d’ingresso a questo parco delle meraviglie ce l’ha la politica, però.
DONNE E POLITICA – E allora, proprio ai politici Tarantini inizia a rivolgersi. Inizialmente ai politici della sua regione, il locale centrosinistra: finiscono nella rete dei suoi contatti Sandro Frisullo, già vicepresidente della regione amministrata da Nichi Vendola, e Alberto Tedesco, già assessore alla Sanità e di recente raggiunto da una richiesta d’arresto per gli inghippi nella sanità del tacco d’Italia. Sono esponenti che lo possono aiutare nella gestione delle sue aziende, nel mercato degli ospedali pugliesi. Il modus operandi di Tarantini è sempre lo stesso: ragazze recapitate a casa e pronte a tutto. Ovviamente, tutto pagato da lui.
Quanto all’appartamento di via Giulio Petroni angolo via Extramurale Capruzzi si tratta di un immobile preso in locazione da Gigi Zatterini, all’epoca segretario particolare dell’assessore Frisullo. Io avevo la disponibilità delle chiavi in quanto lo stesso Frisullo me le diede nel 2007 chiedendomi di far effettuare dalla ditta di fiducia delle mie aziende opere di pulizia con cadenza se non ricordo male settimanale. Io ho trattenuto le chiavi per miei incontri occasionali con alcune ragazze. Ricordo di aver accompagnato la De Nicolò in quell’appartamento al fine di farla incontrare con lo stesso Frisullo, sicuramente prima dell’estate 2008. Io e la De Nicolò ci trattenemmo in quell’appartamento fino all’arrivo del Frisullo e quindi giunto quest’ultimo io andai via. In quella stessa circostanza o forse in una successiva prima di allontanarmi consumammo in tre un pasto. Credo che anche in altre circostanze ho favorito gli incontri della De Nicolò con Frisullo
E, ovviamente, non per la gloria.
Le attenzioni da me avute nei confronti di Frisullo mi hanno consentito di essere dallo stesso presentato al dottor Valente, direttore amministrativo dell’Asl di Lecce. Io avevo rappresentato a Frisullo le ragioni per le quali avevo interesse a conoscere il dottor Valente, vale a dire un’accelerazione dei pagamenti per le prestazioni effettuate dalle mie aziende e l’esecuzione di una delibera adottata in materia di acquisto di tavoli operatori. So che Frisullo ha rappresentato più volte le mie esigenze al dottor Valente ed io personalmente ne ho parlato con lo stesso Valente. I pagamenti sono avvenuti anche se comunque in ritardo, altrettanto per la delibera. La frequentazione di Frisullo mi serviva soprattutto per acquistare visibilità agli occhi dei primari che portavo da Frisullo. Per quanto mi consti nessuno dei problemi rappresentato dai primari è stato mai risolto da Frisullo
Si narra anche di una cena elettorale pagata da Gianpaolo Tarantini a Massimo d’Alema.
Io non ho elargito finanziamenti in favore di Frisullo, limitandomi a mettere a disposizione per le sue esigenze autisti e mie autovetture in caso di urgenze, a fargli alcuni regali in occasione delle festività e ad organizzare una cena elettorale in favore dell’onorevole D’Alema presso il ristorante “La Pignata” nel 2007. Ricordo che alla cena erano presenti primari e dirigenti sanitari, il sindaco Emiliano, il vice coordinatore regionale del Pd Dottor Mazzarano, alcuni imprenditori baresi tra cui Stefano Miccolis e Vito Ladisa. Comunque conservo l’elenco e mi riservo di produrlo
D’Alema ha sempre negato di conoscere Tarantini: in effetti, in campagna elettorale, sono moltissime le cene elettorali a cui un candidato partecipa. Di certo l’esponente del PD poteva usare più attenzione, ma questa è un’altra storia.
A ROMA – La nostra storia continua a Roma. Roma dove Tarantini si butta nel mercato della lobby politica, come abbiamo visto, fondando una sua società con sede sulla Flaminia: la GC Consulting. Da lì, come dichiarerà poi ai magistrati, Tarantini inizia scientificamente a portare avanti il suo metodo di lavoro così positivamente sperimentato in Puglia. Il suo, davvero, è un piano.
“Il ricorso alla cocaina e alle prostitute si inserisce in un mio progetto, teso a realizzare una rete di connivenze nel settore della Pubblica Amministrazione, perchè ho pensato in questi anni che ragazze e cocaina fossero una chiave di accesso per il successo nella società”
Tarantini vuole avere successo. Vuole entrare nel mercato d’oro degli appalti della Protezione Civile. E per questo gli serve Silvio Berlusconi. .
“Io ho voluto conoscere il presidente – avrebbe detto Tarantini agli inquirenti- e a tal fine mi sono sottoposto a spese notevoli per entrare in confidenza con lui, e sapendo del suo interesse verso il genere femminile non ho fatto altro che accompagnare da lui ragazze che presentavo come mie amiche, tacendogli che a volte le retribuivo”. (…) “Berlusconi mi presentò anche il capo della Protezione civile Bertolaso, che procurò a me e al mio amico Enrico Intini alcuni appuntamenti senza esito in Finmeccanica”.
E come vediamo, dunque, la smania di ottenere appalti di Tarantini viene frustrata. Ma ciò che conta è il percorso di avvicinamento. Per riuscire ad entrare nel giro di Berlusconi, Tarantini preleva 70mila euro dal conto dell’azienda di famiglia; affitta la casa in Costa Smeralda accanto a quella di Berlusconi; lo incontra, se lo fa presentare, entra nelle sue grazie. Gli fa capire che può fornirgli quello che lui gradisce: donne. “Interesse verso il genere femminile” eccetera eccetera. Il resto è storia: Patrizia D’Addario e il lettone di Putin.
Era la notte del 4 novembre: intanto, Barack Obama veniva eletto Presidente degli Stati Uniti d’America: a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi si intratteneva con le ragazze procurate da Gianpaolo Tarantini. Un uomo non grandissimo. Forse piccolo. Eppure in grado di mettere paura al presidente del Consiglio: perché sapeva qualcosa che non era opportuno far sapere. Ovvero che Tarantini portava donne a casa di Silvio, che le pagava lui, e che forse Silvio tutto questo lo sapeva. Forse apeva di andare con prostitute, e dunque forse sapeva che Tarantini era in condizione di reato. I protagonisti della vicenda assicurano di no: Silvio non sapeva, e dunque “è la verità”. Ma per dire la verità bisogna essere un po’ oliati, e cinquecentomila euro sarebbero bastati a convincere Tarantini: non avrebbe detto la verità. Sulla sua strada, ora, c’è il carcere di Poggioreale.