Giacinto Canzona, il re delle fake news, è sul lastrico

07/01/2019 di Enzo Boldi

Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Il vecchio detto popolare sembra calzare a pennello con la figura di Giacinto Canzona, l’avvocato diventato famoso per aver creato e diffuso numerose fake news che hanno fatto il giro dei social e dei giornali. Ora l’uomo, che vive a Tivoli, si lamenta perché nonostante il suo curriculum – in cui spiega di aver conseguito quattro lauree – nessuno si fida più di lui e non riesce a trovare un posto di lavoro.

Un passato fatto di bufale: dalla notizia dell’aborto a bordo della Costa Concordia (per cui è stato condannato a sei mesi), a quella del prete ubriaco per colpa delle messe, passando per le suore fermate in autostrada a 180 km/h per andare da Papa Benedetto XVI o quella sorpresa in topless, fino ad arrivare alla multa da 400 euro comminata ai danni di un pattinatore senza patente, senza dimenticare la storia del gatto Tommasino (il felino che aveva ereditato 10 milioni di euro) e quella delle persone che avevano ereditato grandi fortune in lire ma che non potevano riscuotere perché fuori valuta. Il tutto per attirare nuovi clienti.

Giacinto Canzona è finito sul lastrico

Ora, dopo questo passato bufalesco, Giacinto Canzona – che ora si fa chiamare ‘Corona’ perché, secondo lui, ha lo stesso bisogno dell’ex re dei paparazzi di stare sempre al centro dell’attenzione – dice che per colpa di tutto ciò non trova nessuno disposto a offrirgli un posto di lavoro. «Vado ai colloqui – spiega il re delle fake news -. Poi, non appena scoprono il mio passato, mi chiudono le porte in faccia. Questo va avanti dal 2012, da quando Striscia la Notizia mandò in onda il suo servizio mostrando il mio volto».

Quattro lauree e 45 anni, per questo non lavora?

Ora sono lacrime, ma lacrime di coccodrillo. L’ex avvocato di Tivoli a 45 anni si trova con tre matrimoni falliti alle spalle e due figli. Nonostante le sue quattro lauree – in Giurisprudenza, Lettere, Scienze Politiche e Psicologia -, non riesce a trovare un lavoro, nemmeno come operaio. La colpa, per lui, però non è solo del suo passato, ma anche del sistema italiano in cui «avere più titoli di studio e non essere più giovanissimo è penalizzante».

(foto di copertina da Striscia la Notizia)

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