L’ennesima causa degli autori contro OpenAI ha visto unirsi anche George R. R. Martin

Al centro c'è sempre la violazione del copyright delle opere per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale di OpenAI

22/09/2023 di Ilaria Roncone

Anche George R. R. Martin, celebre scrittore e autore de “Il Trono di Spade”, si è unito alla protesta degli autori contro OpenAI. Protesta che più passa il tempo, più assume proporzioni enormi e coinvolge sempre più categorie di lavoratori che vivono grazie ai diritti d’autore e al frutto della loro creatività e della loro opera. Di cause precedenti a quest’ultima in cui è intervenuto Martin ce ne sono diverse e l’augurio è che tutto questo possa tramutarsi in una class action della categoria intera di scrittori e autori.

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Nell’ultima causa a OpenAI è intervenuto anche George R. R. Martin

OpenAI è stata citata in giudizio ancora una volta: la causa è stata intentata nel distretto meridionale di New York da Authors Guild e diciassette autori famosi tra i quali figurano non solo l’autore de Il Trono di Spade George R. R. Martin ma anche Jonathan Franzen, John Grisham, Jodi Picoult. Coloro che hanno fatto causa ritengono che la società abbia utilizzato i loro libri per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale generativa.

La denuncia sostiene quanto segue, ovvero che OpenAI «ha copiato le opere dei querelanti all’ingrosso, senza permesso o corrispettivo» andando, di fatti, a inserire materiali protetti da copyright in grandi modelli linguistici. «Il sostentamento di questi autori deriva dalle opere che creano. Ma i LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni n.d.R.) del convenuto mettono in pericolo la capacità degli scrittori di narrativa di guadagnarsi da vivere in quanto consentono a chiunque di generare – automaticamente e liberamente (o in modo molto economico) – testo che altrimenti pagherebbero gli scrittori per creare», viene affermato nel documento di denuncia.

Il punto è che queste applicazioni – per loro stessa natura e per come funzionano – potrebbero facilmente permettere di dare frutto a opere «che si basano su, imitano, riassumono o parafrasano» i libri di chi fa causa, danneggiando così il loro mercato. Nella denuncia si afferma che OpenAI avrebbe dovuto utilizzare opere di pubblico dominio per addestrare ChatGPT, evitando di inserire materiale coperto da licenza senza averne pagato il costo.

L’estate appena trascorsa è stata costellata di denunce da parte di gruppi di autori, tutti col medesimo intento e non è mancata nemmeno una lettera aperta – della quale parleremo nel corso di questa giornata – che ha visto unirsi ben 10 mila scrittori con la richiesta di un equo compenso. Cosa risponde OpenAI? I toni continuano a essere cauti e ottimistici, come riporta una dichiarazione ricevuta da The Verge secondo cui l’azienda «sta avendo conversazioni produttive con i miei creatori in tutto il mondo, inclusa la Authors’ Guild, e ha lavorato in modo cooperativo per comprendere e discutere le loro preoccupazioni sull’intelligenza artificiale».

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