Gene Gnocchi e il Rompipallone non riuscito sugli spogliatoi, Koulibaly e le donne di Napoli

Una freddura che può essere definita tale soltanto perché fa venire i brividi. Gene Gnocchi, nel suo classico Rompipallone, ha affrontato il tema dei lavori negli spogliatoi dello Stadio San Paolo di Napoli. Lo ha fatto in una maniera scorretta, non soltanto politicamente (come dovrebbe essere per chi fa satira), ma proprio a livello di concetto: «Le tifose del Napoli solidali con Ancelotti dopo lo sfogo sugli spogliatoi del San Paolo – si legge nel boxino in prima sulla Rosea – “Koulibaly può venire a fare la doccia da noi”».

Gene Gnocchi e il Rompipallone su Koulibaly e le donne di Napoli

Da dove iniziare? Dal sessismo o dal razzismo che un’espressione del genere porta con sé? L’argomento dell’odissea degli spogliatoi allo stadio San Paolo poteva essere affrontato in mille modi. Tutti avrebbero fatto ridere sicuramente più di questo. Si poteva giocare su un allenatore – Carlo Ancelotti, appunto – che ha deciso di tuffarsi nelle considerazioni sulla piscina senz’acqua nella pancia dello stadio, sui bagni senza wc e senza lavandino, sulla caldarella che non è stata aizata a sufficienza, sul paradosso delle ante degli armadietti montate al contrario.

Le mille altre battute che Gene Gnocchi avrebbe potuto fare

Invece, no. Gene Gnocchi ha scelto di utilizzare il cliché dell’uomo di colore super-dotato e delle donne che, di conseguenza, non vedono l’ora di beneficiarne. Una battutaccia che avrebbe creato imbarazzo anche nel peggiore Bar dello Sport degli anni Cinquanta. Se non fosse che il concetto di Bar dello Sport – quello magnificato da Stefano Benni – è una cosa seria e può essere contaminato da polvere, biliardi lavati male o tramezzini discutibili, ma mai da luoghi comuni così squalificanti.

Crea anche perplessità la decisione della Gazzetta dello Sport di lasciare che una frase del genere fosse pubblicata in prima pagina, nella vetrina del giornale, nello specchietto per le allodole che dovrebbe servire a far vendere le copie. E che invece, così, fa venire voglia di lasciarle lì dove stanno. Magari dimenticandole.

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