Dopo la rottura con Travaglio, Furio Colombo torna a La Repubblica

Il primo "commento" porta un titolo esemplificativo della distanza ormai incolmabile con Il Fatto Quotidiano: "Putin il lupo e i porcellini"

20/05/2022 di Redazione

E stato per anni la colonna portante degli editorialisti de Il Fatto Quotidiano. Fin dalla sua fondazione. Fin dal 2009, quando la creatura di Antonio Padellaro vide la luce in edicola. Nelle ultime ore, però, qualcosa si è rotto e questa vicenda non è rimasta nelle segrete stanze della redazione del giornale oggi diretto da Marco Travaglio. E dopo l’addio polemico e in lite con la guida del Fatto, Furio Colombo è tornato a scrivere per il quotidiano La Repubblica.

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La discussione a distanza, come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, è nata da un’accusa mossa da Furio Colombo a cui è seguita una replica da parte di Marco Travaglio. Secondo lo storico giornalista – già corrispondente per La Stampa dagli Stati Uniti ed editorialista per La Repubblica – il direttore de Il Fatto Quotidiano avrebbe “censurato” un suo articolo molto critico nei confronti di Alessandro Orsini e Massimo Fini (personaggi che scrivono proprio per il quotidiano diretto da Travaglio). Da lì la risposta: «L’unica censura in tutta questa storia è quella che Colombo pretendeva da me, quando mi ha ripetutamente chiesto di cacciare dal Fatto il professor Alessandro Orsini».

Furio Colombo è tornato a La Repubblica dopo la lite con Travaglio

Storie tese che hanno segnato la fine di un rapporto e una collaborazione durata quasi 13 anni. E oggi Furio Colombo è tornato a La Repubblica. Il suo nuovo esordio, con un commento che parte dal rimando in prima pagina dell’edizione di oggi (venerdì 20 maggio) e si conclude a pagina 31, ha un titolo esemplificativo: «Putin il lupo e i porcellini».

Non si tratta dell’articolo “contestato” che nei giorni scorsi ha provocato quella lite e la fine del rapporto con Marco Travaglio e Il Fatto Quotidiano. Perché Alessandro Orsini – la vera “pietra dello scandalo”, secondo il decano dei giornalisti – non viene mai citato.

Ovviamente, però, non mancano i riferimenti che vanno a colpire tutti quei personaggi che – ospiti di televisioni e giornali – hanno assunto un atteggiamento dialettico e narrativo differente rispetto all’immediata e impassibile condanna di quanto fatto da Vladimir Putin: «I pacifisti si sono generosamente gettati nella mischia. Senza una mappa per orientarsi in una foresta piena di inganni. Sono riusciti a dire, e lasciar dire, che sono guerrafondai coloro che chiedono armi per portare in salvo i bambini e le loro mamme, vittime principali di una guerra organizzata principalmente per eliminare i cittadini, spargere il terrore e distaccare, nel tentativo di salvezza, i cittadini dal Paese e il governo a fare apparire ostinazione che porta morte la sua volontà di resistere». Parole che sono l’esatta rappresentazione di come il dibattito in Italia si sia polarizzato.

(Foto IPP/Scaramuzzino)

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