Passo indietro sui referendum con firme digitali, Colao: «La piattaforma non le autenticherà»

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Il ministro per la Transizione Digitale ha risposto in questo modo a una interrogazione del deputato Riccardo Magi di +Europa

Il rischio è quello di far naufragare la prassi – che nel corso di quest’anno è stata consolidata – della raccolta digitale delle firme per indire un referendum. Si trattava di un impegno che era stato preso dall’esecutivo e che aveva anche visto una prima dead line non rispettata: quella del 1° gennaio 2022, quando – stando a quanto stabilito – sarebbe dovuta entrare in funzione la piattaforma di Stato per la raccolta delle firme. Se la raccolta firme per i referendum sull’eutanasia legale e sulla cannabis legale è stata possibile, ciò è avvenuto soltanto per l’impegno dei comitati promotori, che hanno predisposto delle piattaforme ad hoc, sostenendo un costo per ogni firma raccolta. Costo considerevole, se si valuta il successo dell’iniziativa: basti pensare che un terzo delle firme raccolte per la promozione del referendum sull’eutanasia legale era rappresentato da firme digitali. In ogni caso, nel corso di una interrogazione parlamentare, il ministro per la Transizione Digitale Vittorio Colao sembra aver messo in secondo piano le funzionalità e il ruolo della piattaforma e – di conseguenza – tutto l’impianto per la raccolta delle firme digitali per l’indizione di referendum.



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Firme digitali per referendum, il brusco stop di Colao

Alla domanda del deputato di +Europa Riccardo Magi sulla piattaforma per la raccolta delle firme, il ministro Colao ha risposto così: «Il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica». Dunque, le firme – attraverso la piattaforma statale – potranno essere raccolte, ma non autenticate. Depotenziando fortemente lo strumento.



«A cosa è dovuto questo cambio di rotta improvviso del Ministro, che aveva annunciato pubblicamente che la piattaforma avrebbe preso in carico anche i certificati elettorali dei firmatari? – si chiedono Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente Tesoriere e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni – Viene da pensare che vi siano state pressioni politiche ben precise in questa direzione, come se dopo la bocciatura dei referendum su eutanasia e cannabis si volesse far fallire anche la conquista della firma digitale. In un momento in cui il Governo sembra promuovere in ogni settore la transizione verso il digitale (proprio oggi il ministro Colao ha presentato alla stampa estera gli effetti dei progetti del Pnrr sulla transizione digitale italiana, ndr), dalla PA alle poste, appare assurdo tenere esclusi da questa innovazione i diritti politici dei cittadini».

La legge che ha portato alla definizione della possibilità di raccogliere delle firme digitali nell’ambito di referendum è partita da una decisione delle Nazioni Unite nei confronti dell’Italia, riconosciuta responsabile di aver limitato fortemente il diritto al referendum, in virtù della mancata immediatezza nell’autenticazione delle firme a causa anche di una scarsa digitalizzazione dei processi. «Preannunciamo da subito – hanno concluso i rappresentanti dell’associazione Coscioni – che assumeremo tutte le iniziative, legali e non violente, che si renderanno necessarie per sventare il tentativo di negare ulteriormente i diritti politici degli italiani».