«Lavorare per passione, fare soldi per professione»: la finanza personale secondo Alfio Bardolla

06/04/2019 di Redazione

«C’è una disciplina che non viene insegnata a scuola, ma che è la più importante se pensiamo agli obiettivi che ci diamo quando andiamo a scuola. Questa disciplina è la finanza personale, quell’area dell’economia che si occupa dei soldi delle persone». Parola di Alfio Bardolla, financial coach, organizzatore e animatore dell’evento Wake Up Call, una convention di tre giorni (questo fine settimana a Rimini) in cui l’imprenditore di successo originario di Chiavenna, in provincia di Sondrio, fornisce ai suoi «studenti» (circa 3mila persone in ogni edizione) i segreti per ottenere la totale «indipendenza finanziaria».

Bardolla, ci dà una definizione di finanza personale?

«Siamo portati ad associare il concetto di finanza a quello di aziende, ma molto più semplicemente bisognerebbe pensare all’individuo: una materia così importante non è mai stata insegnata a scuola. Passiamo quindici anni a scuola a cercare di capire come trovare un lavoro per guadagnare dei soldi, ma mai nessuno ci ha mai spiegato niente sui soldi: come funzionano, come dovrebbero essere prodotti, come dovrebbero essere gestiti, come dovrebbero essere protetti».

Lei lega il concetto di finanza personale ad altri due concetti chiave, come libertà e tempo. Ci spiega che cosa intende?

«Credo che il nuovo denaro sia il tempo. Mentre prima la ricchezza si misurava con cose materiali come la macchina o l’orologio più belli da sfoggiare, ora i nostri clienti sono persone che vogliono una qualità della vita migliore. L’obiettivo finale del nostro cliente è avere più tempo, non avere la Ferrari, è avere la libertà di fare quello che voglio, con chi voglio, per quanto tempo voglio. Per fare questo devo avere soldi, soldi di una certa qualità perché i soldi non sono tutti uguali».

In che senso?

«Ci sono soldi prodotti barattando tempo per denaro, e ci sono soldi che vengono prodotti magari facendo un po’ di fatica all’inizio, ma che poi entrano in modo automatico o semiautomatico. L’esempio classico in Italia è quello dell’affitto, dove non c’è proporzione tra la fatica che faccio e la rendita che incasso. Stesso discorso per le royalties. Tutto questo ambiente, fatto di trading, immobili, aziende automatizzare, royalties fanno parte dell’educazione finanziaria che dovrebbe avere una persona».

Agganciamoci all’attualità politico-economica, sembra che l’obiettivo sia lo stesso del reddito di cittadinanza, ma preso totalmente da un’angolazione diversa.

«Quello che diciamo noi è totalmente in antitesi con il reddito di cittadinanza. Noi pensiamo che chiunque possa diventare ricco, il concetto alla base del reddito di cittadinanza è che tutti debbano essere poveri. Per noi ricco significa avere delle entrate, non legate alla propria professione, superiori alle spese. Se io sono una segretaria e guadagno 1.500 euro al mese, sarò ricca se mi entreranno 1.500 euro al mese non legate alla mia attività, che prevede un baratto tra tempo e denaro».

E invece voi cosa proponete?

«Noi diciamo che se una persona vuole fare il giornalista, è giusto che lo faccia se fare il giornalista è la sua passione, non se lo considera un modo per guadagnare soldi. Bisogna fare in modo di avere altri redditi, oppure di utilizzare quel reddito per produrre altri redditi. E’ come se i soldi avessero la capacità di produrre altri soldi. Un esempio concreto: continuo a fare il giornalista, compro un immobile, magari a sconto, lo sistemo, lo metto a reddito, quel reddito aggiuntivo mi permette di comprare un secondo immobile, poi un terzo, poi un quinto e così via. E piano piano mi creo una rendita che è scollegata dal fatto che io faccia o meno il giornalista. L’obiettivo è fare in modo che le persone siano libere: se vogliono lavorare, lavorano per passione».

Quali sono i tempi in cui si possono raggiungere questi obiettivi?

«Non stiamo parlando di una settimana o di un mese, non insegniamo a fare soldi in pochi giorni. E’ una schema che prevede una pianificazione finanziaria, perché da qui a tre anni, cinque anni o dieci anni, può portare all’indipendenza finanziaria».

Ma non è lo stesso obiettivo del reddito universale di cui parla Grillo?

«No, perché la responsabilità è personale. Il reddito di cittadinanza è molto pericoloso dal punto di vista psicologico, è come se dessi un po’ di droga a un drogato. Si danno un po’ di soldi a chi è in difficoltà, questo li prende e poi non fa niente per migliorare la sua condizione. Esistono due economie: quella istituzionale, statale, le tasse, gli aiuti, tutte cose che noi non possiamo controllare. Poi esiste la mia economia: cosa posso imparare, cosa posso studiare, come utilizzo il mio tempo. Imparando cose che mi fanno migliorare come essere umano, miglioro la mia condizione. Il denaro in questo senso è un po’ come il fitness».

Si spieghi meglio.

«Se voglio perdere peso o aumentare la mia massa muscolare, ci sono delle strategie. Così come ci sono strategie con il fitness, ci sono strategie anche per il denaro. Tra l’altro con la stessa filosofia di fondo: se mi applico al cento per cento, le possibilità di successo sono al cento per cento».

(Foto da archivio Ansa. Credit immagine: ANSA / MATTEO BAZZI)

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