+Europa, dagli ultra-europeisti la sfida al sovranismo M5S-Lega
24/01/2019 di Donato De Sena
Nell’Italia in luna di miele con un governo marcatamente sovranista c’è chi prova a costruire una solida alternativa con la riscoperta del valore dell’europeismo, accettando la sfida di spiegare che non solo l’Europa serve – assunto su cui tutti si dicono d’accordo – ma serve anche un’Europa più democratica, liberale, ecologista. La missione, dare impulso ad una narrazione diversa dalla vulgata dominante che vede l’Ue come artefice di ogni disastro possibile, passa attraverso il primo congresso nazionale di +Europa in programma a Milano dal 25 al 27 gennaio con tre candidati alla carica di segretario politico. Davanti agli iscritti si confrontano Marco Cappato, Benedetto Della Vedova e Alessandro Fusacchia in una partita che non riguarda solo la scelta di un segretario ma anche una prospettiva per il futuro, su come rapportarsi al manifesto europeista di Carlo Calenda e al Pd, alleato delle Politiche del 4 marzo.
Il primo congresso di +Europa, gli ultra-europeisti sfidano la linea di M5S e Lega
Cappato, ex deputato ed ex parlamentare, in prima linea nella battaglia radicale per l’eutanasia legale, a Giornalettismo spiega che con il Partito Democratico non c’è nessun confronto aperto, ma non esclude una collaborazione. «I rapporti – spiega – si cercano sulle iniziative politiche. Io in questo momento ne ho avviata una sulla fiscalità ecologica, che significa meno tasse sul lavoro e più tasse sull’ambiente: far pagare il giusto prezzo per il consumo delle risorse ambientali. Lo sto facendo anche con i Verdi e Italia in comune di Pizzarotti. Ma in questo momento ci sono iniziative con il Pd e non le sta facendo +Europa». Calenda – continua Cappato – «dice cose condivisibili». La sua iniziativa va quindi presa in esame: «Forse sottovaluta un po’ le responsabilità della vecchia classe dirigente per la situazione nella quale ci troviamo e sottovaluta anche l’importanza della crisi ecologica globale, ma il richiamo agli Stati Uniti d’Europa è assolutamente condivisibile. Non la vedo come un’iniziativa ostile. Se poi si trasformerà in un progetto direttamente elettorale vedremo se ci saranno i margini per un’iniziativa comune».
Cappato: «No, non è esclusa una collaborazione con Calenda»
Insomma, il Pd è distante. Ma a determinate condizioni iniziativa comune può anche significare simbolo unitario per le Europee. «Sto lavorando in un’altra direzione. Ma non escludo possa esserci una convergenza su una lista comune. Se invece dovesse nascere un Pd sotto mentite spoglie, non credo che ci starebbe Calenda, e sicuramente non ci staremmo noi». Insomma: nessuna «etichetta europeista sotto la quale tenere a galla la vecchia classe dirigente del Partito Democratico».
No al vecchio Pd, insomma, ma no alla vecchia destra. +Europa in extremis ha bocciato la candidatura di Paola Renata Radaelli, vicina a Matteo Salvini, ex candidata de La Destra di Giorgia Meloni e Francesco Storace (alle Comunali di Genova nel 2012), il cui nome era spuntato dopo un sospetto boom di tesseramento, con il numero degli iscritti salito in poche settimane da 2mila ad oltre 5mila. Cappato afferma: «Se anche arrivasse qualcuno, Radaelli, Marine Le Pen o Steve Bannon per comprarsi +Europa, noi che ci siamo aggregati intorno all’idea di un soggetto per un’Europa democratica andremmo avanti a fare quella battaglia il giorno dopo con un’altra sigla e un altro strumento. Sarebbe un inconveniente pratico molto fastidioso, ma la forza dell’obiettivo sopravviverebbe a questo problema».
«Il problema immigrazione? Investire nelle donne e nella democrazia, in Africa»
La sfida ai sovranisti, dunque. Come si fa un partito ultra-europeista mentre M5S e Lega hanno il vento in poppa? «Spiegando alla gente – dice Cappato – i problemi che li toccano più da vicino devono essere affrontati a livello europeo, che la qualità della loro vita rischia di essere distrutta molto presto dal riscaldamento globale, dalla difficoltà nella gestione di crisi migratorie, dalla indisponibilità di cure, di terapie che rischiano di essere sviluppate soltanto in paesi più liberi». Sui migranti l’approccio sembra lontano mille miglia da quello del governo. Quando chiediamo a Cappato quale sarebbe il suo primo provvedimento da premier lui risponde: «Moltiplicherei i fondi destinati ad aiutare le donne africane a scegliere se e come e quando fare i figli. la cosiddetta salute riproduttiva: l’unica risposta seria e di lungo periodo alla questione immigrazione è quella di investire nelle donne, nella democrazia, nella libertà dall’altra parte del Mediterraneo».
Il popolo sovranista farebbe un po’ fatica a comprendere di questi tempi. «Penso – ribatte Cappato – che anche il 95% degli elettori di Salvini potrebbe essere d’accordo, se si spiega bene che bisogna intervenire: secondo le proiezioni la Nigeria avrà più abitanti dell’Ue tra non molto tempo. Il problema è che Salvini se ne frega, non gli elettori, perché queste non sono risposte per un tweet o per una campagna elettorale di due settimane, sono risposte di lungo periodo. Quel tipo di retorica ha bisogno di risposte immediate anche quando sono del tutto velleitarie e false».
Fusacchia: «Difendiamo l’Europa ma serve discontinuità»
Fusacchia, deputato eletto nella circoscrizione Estero, ama pronunciare la parola «discontinuità», e lo fa riferendosi sia a +Europa che ai vecchi (e potenziali nuovi) interlocutori del Pd. «Abbiamo bisogno di far capire – dice a Giornalettismo – che non difendiamo lo status quo, che difendiamo l’Europa per quello che ci ha dato fino ad oggi, ma che ora abbiamo bisogno di un passo in avanti significativo. Tutto questo ha a che fare con una serie di cose, dai diritti dei lavoratori alle opportunità. Non si può discutere solo dei vincoli di bilancio, dobbiamo far capire che l‘Europa ha un impatto anche sul quotidiano delle persone».
Per il candidato outsider, meno noto di Cappato e dell’ex sottosegretario Della Vedova, i temi cruciali sono istruzione e formazione. Questa la sua premessa: «Se siamo il partito che guarda alle prossime generazioni, e +Europa è il partito che guarda per definizione al futuro, dobbiamo partire da scuola e università. Ma la formazione riguarda anche i 50enni e i funzionari della pubblica amministrazione. Non sappiamo come sarà il mondo tra dieci anni, dobbiamo attrezzare le persone ad affrontare qualsiasi complessità». E il modo migliore per farlo sarebbe strutturarsi sul territorio. «Non credo che la cosa importate sia urlare una volta in più la parola ‘Europa’. Tra l’altro adesso diventeranno tutti europeisti, dal Pd e Forza Italia. Credo che la differenza per +Europa la farà la maniera in cui costruiamo un partito».
«Siamo agli antipodi di Salvini e Di Maio, ma distanti anche dal Pd»
Non mancano le frecciate al centrosinistra: «Siamo agli antipodi di Salvini e Di Maio ma dobbiamo raccontare anche che siamo distanti e discontinui da chi ci governava prima. Se siamo finiti cosi è perché quelli che c’erano prima hanno ritenuto che bastasse fare un po’ di manutenzione del presente. L’errore che possiamo fare noi è pensare di fare un pochino meglio di chi c’era prima dei giallo-verdi, dobbiamo fare molto diversamente». Fusacchia parla di inclusione e capacità di ascolto. E sembra prediligere la via della corsa solitaria: «Ho grande rispetto per la storia del Pd. Ritengo che nel Pd ci siano molte persone di valore, sia in Parlamento che fuori. Detto questo, si sono infilati in un sistema irriformabile. Non sono sicuro che il Pd possa ritrovare capacità di innovazione politica e lanciare segnali di discontinuità di cui c’è bisogno».
«Non sono sicuro si debba investire sul progetto di Calenda»
Anche su Calenda, molti più dubbi che certezze: «Molte delle proposte sono interessanti e condivisibili. Ho il timore che sia un po’ complicato presentare quella come una cosa diversa dal Pd sotto altre spoglie. Non sono sicuro che sia il progetto su cui investire». L’ipotesi della lista comune alle Europee per Fusacchia è debole. «Il cammino è lungo – spiega il deputato -. +Europa lunedì mattina può essere tante cose molto diverse, c’è la candidatura di Della Vedova, quella di Cappato e la mia, arriviamo da storie diverse. +Europa di Cappato può avere caratteristiche diverse rispetto a Calenda di quella che di Della Vedova e Tabacci. Per quanto mi riguarda, se Calenda è in grado, al netto dei sottoscrittori, nella pratica, di organizzare una squadra in cui lui è il meno innovativo, fa un lavoro strepitoso. Se Calenda alla fine finisce per essere lui il più innovativo di tutti quelli che si metto con lui, questa roba non nasce benissimo».
Infine, il partito possibile, la sfida dei fondamentalisti europeisti ai sovranisti M5S-Lega. «La tentazione di seguire gli altri è forte – dice Fusacchia – ma credo che non possiamo raccontare che nell’epoca della complessità esistono risposte semplici. All’inizio potrà pagare poco elettoralmente, ma sono convinto che la coerenza nel tempo paghi, che serve mantenere la barra dritta e fare meno errori di quelli che facciamo ora: continuiamo a parlare di Europa in maniera ancora astratta, parliamo di macroeconomia ma le persone hanno bisogno di vedere nel quotidiano cosa impatta». Il deputato fa un esempio: «Un medico di base mi ha detto: ‘L’Europa è fondamentale perché mi ha impedito con una direttiva di lavorare 20 ore di seguito, l’Italia non l’avrebbe fatto’. L’Europa non è un settore. Questa è una questione di comunicazione ma anche di costanza. Dobbiamo far vedere l’Europa di prossimità, i diritti che ha dato, il mercato più ampio che ha dato la possibilità alle imprese di crescere e assumere».
Poi ci sono stati i limiti: «I governi nazionali e di conseguenza l’Europa hanno trascurato il disagio sociale che stava arrivando, la crescita delle disuguaglianze, non solo economiche ma anche di accesso al sapere. C’è una fettina di italiani che è sembra più globalizzata e una fetta di persone che torna nell’analfabetismo di fatto. Vorrei che +Europa mettesse questo al centro del dibattito politico, ma non andando a Porta a Porta, girando per l’Italia». A Fusacchia chiediamo una proposta da attuare subito. Lui parla innanzitutto di lavoro, anche in termini di diritti da garantire a ogni singolo lavoratore. «Io farei il salario minimo legale, punto. In campagna elettorale era nel programma di Pd, Lega e Forza Italia. Eppure non si fa».
Al congresso, in programma all’Hotel Marriot di via Washington, parteciperanno oltre mille iscritti accreditati su più di 5mila tesserati a livello nazionale.
(Foto di copertina da archivio Ansa)