Perché equiparare il comunismo al nazifascismo è negare la realtà
23/09/2019 di Daniele Tempera
L’ultima, in termini di tempo, a esprimere perplessità è stata proprio l’Anpi: «In un’unica riprovazione si accomunano oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell’Unione Sovietica». Ma la risoluzione del parlamento europeo, degli scorsi giorni, che equipara sostanzialmente comunismo e nazifascismo, non smette di far discutere e creare polemiche . Tra i piatti forti c’è sicuramente l’istituzione di una giornata per le vittime del “totalitarismo nazista e comunista”, il 25 maggio.
L’UE e l’insostenibile leggerezza della parola totalitarismo
Ma cosa vuol dire “Totalitarismo”? La trattazione potrebbe occupare interi tomi. Riassumendo potremmo definire il totalitarismo come una sorta di “idealtipo”, una sorta di modello ideale per descrivere diversi regimi novecenteschi come nazismo, fascismo e stalinismo. Base del pensiero totalitario è l’esistenza di un “potere assoluto”, spesso identificato con un partito unico che ha il compito di controllare (e modellare) ogni aspetto della società e della realtà. Hannah Arendt, una delle maggiori teoriche del “fenomeno totalitario”, identificava i gulag e i lager, come luoghi in cui gli individui divenivano semplici “fasci di reazioni e bisogni”. Materiale plasmabile per ogni potere e, in breve, i cittadini perfetti per ogni regime totalitario. Una descrizione calzabile sicuramente per la Germania di Hitler e per l’Unione Sovietica di Stalin, ma difficilmente adattabile all’intera complessità della storia del comunismo non solo europeo, ma anche sovietico. Mettere sullo stesso piano le due realtà significa comparare implicitamente personaggi molto distanti tra loro. Difficile inserire nella stessa categoria storica Rosa Luxembourg e Joseph Goebbels, il “Capitale” e il “Mein Kampf”, Palmiro Togliatti e Roberto Farinacci, Chruščëv e Stalin. Ed è paradossalmente un’operazione in linea con buona parte del “rossobrunismo” dilagante e delle operazioni populiste.
Il nodo della seconda guerra mondiale
Tra i vari passaggi della risoluzione è indicato poi il “Patto Ribentropp-Molotov” come causa scatenante della seconda guerra mondiale. La spartizione della Polonia, tra la Germania nazista e la Russia Comunista fu sicuramente un’infamia, ed è sicuramente uno dei motivi dello scoppio di quella tragedia che è stato il secondo conflitto mondiale. Ma porlo come l’unico nodo è quantomeno riduttivo. Una forzature storica che dimentica le drammatiche condizioni imposte ai tedeschi dal Trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale: una dinamica che portò all’instabilità della Repubblica di Weimar e alla conseguente ascesa del nazismo. Significa ignorare la Conferenza di Monaco del 1938, con la quale le potenze occidentali permisero a Hitler di annettersi, senza colpo ferire, gran parte del territorio cecoslovacco abitato dai sudeti. Come districare poi il concetto di “spazio vitale” nazista e fascista dall’espansione coloniale delle potenze atlantiche e formalmente democratiche? Il mondo in cui l’Italia fascista attacca (con violenza inaudita) l’Etiopia del 1936, suscitando riprovazione è un mondo segnato dal dominio incontrastato delle democratiche potenze occidentali.
Equiparare nazifascismo e comunismo vuol dire inoltre dimenticare i meriti, in Italia e in Europa, della guerra partigiana. I comunisti furono di certo non gli unici, ma sicuramente i primi e i più tenaci oppositori dei nazisti, non solo in Italia, ma in larga parte d’Europa. Nel nostro Paese il PCI di Togliatti scrisse la Costituzione e guidò, con gli alleati, il Paese verso la fine di un incubo e verso una difficile ricostruzione. E che dire della cultura? Tra i pensatori marxisti, e dichiaratamente comunisti, dobbiamo annoverare geni del pensiero come Antonio Gramsci, Bertold Brecht, Pier Paolo Pasolini, Jean Paul Sartre: la lista potrebbe continuare per giorni. Dal momento che il comunismo viene equiparato al nazismo, come ci si comporta di fronte a questi autori chiave del pensiero novecentesco?
Negare le speranze di riscatto insite nel movimento comunista significa dimenticare che gran parte dei nostri diritti, derivano anche dalle forza dei movimenti di quella matrice che, in questa parte di occidente, hanno combattuto per la giustizia sociale. Significa negare le vittime comuniste della repressione di Mosca, della Primavera di Praga e delle rivolte contro il colonialismo sovietico e appiattire sommariamente il comunismo con lo stalinismo, facendo un torto enorme alle vittime di quello che fu l’incubo staliniano, che si abbatté anche (e soprattutto) contro gli oppositori interni.
Significa infine dimenticare il contributo dei movimenti comunisti nelle lotte contro il colonialismo. E sopratutto dimenticare che gran parte della nostra libertà, dipende anche da una bandiera rossa che sventola sul cielo di una Berlino distrutta, una bandiera costata oltre venti milioni di morti. La stessa che è diventata, purtroppo, simbolo di regime e violenza per l’est di questo continente, al di là della “Cortina di ferro”. Una tragedia segnata dall’oppressione politica e sociale su molti stati europei e quasi ovunque il “socialismo reale” si è trasformato in realtà. C’è una contraddizione con quanto affermato precedentemente? Sicuramente sì. Ma l’educazione alla complessità dovrebbe essere un valore della democrazia e del liberalismo che la mozione del Parlamento promuovono. Le semplificazioni messe in atto sembrano invece assai funzionali ai molti regimi dell’est europa e alla loro opera di revisionismo a tappe forzate. Un revisionismo alla quale non si sottrae più nemmeno la sinistra socialista e democratica europea.