C’è solo una disinformazione nella guerra in Ucraina?

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Conosciamo - e i media hanno molto insistito - la disinformazione filorussa. Tuttavia, essendo uno strumento bellico, a volte la falsa informazione è arrivata anche dal terreno ucraino

Nel considerare l’utilizzo di internet all’interno del conflitto che si sta verificando in Ucraina, abbiamo sicuramente ricordato che le tecnologie digitali sono state utili, fino a questo momento, per essere impiegate come arma sul campo. Il primo riferimento che ci è venuto in mente, com’è ovvio, è quello relativo all’utilizzo di attacchi hacker che – in entrambe le direzioni – hanno portato spesso all’interruzione di servizi fondamentali (dall’erogazione di energia, fino alla diffusione delle notizie sulle televisioni di stato). Eserciti di cybercriminali, ma anche di semplici hacktivisti, si stanno fronteggiando con maggiore intensità (come testimoniano i numeri del conflitto che abbiamo analizzato nei giorni scorsi) da quando è scoppiata la guerra, il 24 febbraio del 2022. Tuttavia, un altro modo di intendere internet come “arma sul campo” è quello della diffusione di fake news: inquinare l’ecosistema informativo, far pendere l’opinione pubblica da una parte o dall’altra attraverso la circolazione di notizie non verificate, è sicuramente una operazione sistemica, che viene utilizzata (e questa è stata sempre una sua caratteristica, anche in tempi di pace) dalla Russia, quanto dall’Ucraina. Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che la disinformazione sia unidirezionale e che avvenga solo lungo l’asse che da Mosca porta in occidente. Spesso – e alcuni casi di scuola lo testimoniano – istituzioni, rappresentanti delle istituzioni ucraine, media locali hanno contribuito alla propagazione di fake news che puntavano a innescare, nell’opinione pubblica, una reazione negativa nei confronti della Russia.



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Disinformazione Russia-Ucraina, le fake news utilizzate come strumento del conflitto

Non dobbiamo immaginare che la disinformazione proveniente dall’Ucraina sia stata una semplice reazione a quella, corposa e voluminosa, che arrivava da Mosca. Sin dalle prime ore del conflitto, nel marasma e nella confusione che caratterizzavano quelle ore, alcune istituzioni ucraine hanno diffuso storie patriottiche, con l’evidente obiettivo di mantenere alto il morale della popolazione. Una di queste, ad esempio, parlava del famoso Ghost of Kiev, il fantasma di Kiev, la storia di un presunto aviatore che, da solo, si sarebbe reso protagonista dell’abbattimento di un gran numero di caccia russi proprio nel primo giorno della guerra. Il video – che è stato diffuso anche dall’account Twitter ufficiale del ministero della Difesa Ucraino – era in realtà una ripresa di una piattaforma di gaming a tema bellico, Digital Combat Simulator. Tutti i video di questo tipo – che Giornalettismo ha monitorato e analizzato a suo tempo (qui si può trovare il nostro debunking sul Ghost of Kiev) – al momento sembrano essere spariti dalla circolazione, rimossi o in seguito a segnalazione o per evidente conflitto con la realtà. Non solo il singolo video specifico è sicuramente la ripresa di azioni virtuali di un videogioco, ma l’esistenza stessa del Ghost of Kiev non è in alcun modo dimostrata. Nessuna fonte ufficiale ne ha mai parlato, né ha fornito indicazioni se sollecitata da organi di stampa internazionali.



La bufala del fantasma di Kiev, tra le altre cose, è solo un esempio di un lungo elenco di disinformazione utilizzata come arma di guerra anche dal campo ucraino. Sebbene dal fronte arrivassero immagini realmente tragiche, alcuni parlamentari ucraini hanno deciso – ad esempio – di sfruttare il primo piano di un bambino (utilizzato per promuovere una copertina di un libro precedente alla guerra in Ucraina e che nulla aveva a che fare con essa) per poter sensibilizzare l’opinione pubblica sulla brutalità dei combattimenti. Oppure, sono stati diffusi falsi documenti – e in questo gli hacktivisti di Anonymous hanno avuto un ruolo – in cui i russi avrebbero chiesto la creazione di video deepfake per screditare il popolo ucraino. Questo documento, così come era stato proposto su Twitter da Anonymous, non è mai esistito. Ma – lo ripetiamo – si tratta esclusivamente di singoli episodi che fanno parte, in realtà, di una vera e propria strategia militare, che si è sviluppata lungo tutto l’arco temporale compreso tra l’inizio dell’invasione russa e il presente.

Dallo scoppio della guerra, infatti, le informazioni propagandistiche ucraine hanno iniziato a diffondersi su VKontakte, il corrispettivo di Facebook in Russia, utilizzando gli stessi hashtag e gli stessi schemi sintattici delle news di propaganda pro-Russia. Una sorta di marcatura a uomo, insomma, che ha permesso – secondo gli analisti di Politico, ad esempio – di monitorare il flusso di informativo proveniente dal Cremlino e rispondere con la stessa moneta.



Quando, però, si prende in considerazione la disinformazione relativa al conflitto ucraino – con tanti report di debunker internazionali che monitorano i flussi delle fake news – bisogna comprendere che le percentuali di diffusione di false informazioni devono intendersi come eterodirette.