I limiti del precedente “diritto alla disconnessione” in Italia
Questo concetto è stato già introdotto alcuni anni fa, ma ha un'applicazione piuttosto superficiale e non strutturale
15/10/2024 di Enzo Boldi
Il concetto di diritto alla disconnessione in Italia non è una novità all’interno del nostro tessuto normativo. Ci sono, infatti, due leggi in cui si parla di ciò. E allora, perché ci troviamo di fronte alla necessità di avere una nuova legislazione dedicata? Il motivo è molto semplice: ciò che è attualmente previsto affronta questa dinamica in modo piuttosto superficiale, dando solamente indicazioni basilari e senza prevedere eventuali sanzioni nei confronti del datore di lavoro che non applica quanto previsto.
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Qualora venisse approvata la proposta presentata dal Partito Democratico, l’Italia avrebbe una legge ad ho sul diritto alla disconnessione digitale dal lavoro. Come abbiamo spiegato negli approfondimenti precedenti, si tratta di un tema di stretta attualità. Anche per quel che riguarda quel futuro in cui sempre più aziende abbandoneranno le strutture fisiche (gli uffici) per optare per il telelavoro o il cosiddetto lavoro agile.
Diritto alla disconnessione in Italia, come funziona ora
La prima volta in cui si è parlato (a livello di leggi) di diritto alla disconnessione in Italia è stato il 2017, quando fu approvata la legge numero 81 intitolata “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. All’articolo 19 di questa normativa vigente, si spiega:
«L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro».
Dunque, relativamente al cosiddetto “lavoro agile”, si parla per la prima volta di individuazione di tempi di riposo del lavoratore e misure per assicurare la disconnessione. Si tratta di un concetto molto labile e dall’impatto blando. Stesso discorso si può fare per quel che riguarda il decreto legge numero 30 del 2021 (convertito in legge), che al comma 1-ter dell’articolo 2 spiega:
«È riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».
Anche in questo caso, si tratta di un riconoscimento molto circoscritto (al lavoro agile), a differenza di quanto previsto dalla proposta di legge che sarà discussa nei prossimi mesi al Senato e alla Camera.