I social rendono i giovani tristi o depressi? Dipende dalla loro età

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Secondo lo studio condotto in Gran Bretagna, in realtà, non ci sarebbe una comprovata diretta relazione tra l'uso eccessivo dei social ed il malessere dei giovani

I ragazzi sono sempre al cellulare e i genitori sono preoccupati per gli effetti negativi che la tecnologia potrebbe provocare loro. L’emergenza pandemica ha aumentato questa dipendenza, che in realtà esisteva già da prima; infatti, dai documenti in possesso di Wall Street Journal – documenti forniti da Frances Haugen, whistleblower di Facebook –, emergeva come la piattaforma fosse consapevole dell’«uso problematico» di Facebook di 1 utente su 8, perché ciò veniva segnalato proprio da un team interno alla stessa piattaforma che si occupava del benessere degli utenti, ma che veniva sciolto nel 2019. In realtà, però, non a tutti i social network produrrebbero gli stessi effetti e, dunque, nemmeno gli stessi effetti negativi. Se alcuni ricercatori affermano categoricamente che la tecnologia digital è causa, per la gran parte, dell’aumento dei problemi di salute mentale degli utenti, altri invece sostengono che il rischio di danni per la maggior parte adolescenti è bassissimo. Oggi raccontiamo i risultati del recente studio condotto in Gran Bretagna.



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Dipendenza social media: come stanno davvero le cose nelle vite degli adolescenti

Secondo lo studio condotto in Gran Bretagna, gli adolescenti possono essere divisi in due gruppi: ci sarebbero due specifiche «finestre» dell’adolescenza in cui alcuni ragazzi sarebbe più sensibili ai social media di altri. Esaminando le risposte al sondaggio di più di 84.000 persone di ogni età in Gran Bretagna, i ricercatori hanno identificato due fasi dell’adolescenza in cui l’uso eccessivo dei social media ha prodotto valutazioni più basse di «life satisfaction».



Nello specifico, la prima fase è quella verso la pubertà, ovvero dagli 11 ai 13 anni per le ragazze e dai 14 ai 15 anni per i ragazzi; mentre la seconda è quella, per entrambi i sessi, intorno ai 19 anni. Come molti studi prima di questo, ciò che viene rilevata è la debole relazione tra i social media ed il benessere dell’adolescente. Tuttavia, non si può non dire che ci sono dei periodi di crescita in cui i ragazzi risultano più sensibili alla tecnologia: «in realtà abbiamo ritenuto che i collegamenti tra social media e benessere potessero essere diversi attraverso età diverse – e ho scoperto che è proprio così», dichiara Amy Orben, psicologa sperimentale all’Università di Cambridge, nonché conduttrice dello studio.

Abbiamo già raccontato del caso di Cam Adair, giovane canadese poco più che trentenne, che si era accorto della sua dipendenza dai videogames quando ha pensato al suicidio. Il giovane ha dichiarato di aver lottato con tale dipendenza per 10 anni: «ho abbandonato il liceo, non sono mai andato al college e ho fatto finta di avere un lavoro per ingannare la mia famiglia». Poi, soltanto nel momento più difficile, ha capito: «alla fine ho scritto una lettera d’addio, ed è stato in quella notte che ho capito che avevo bisogno di aiuto. Ora sono libero da 3.860 giorni dalla mia dipendenza dal gioco». 



La situazione pare molto critica, per esempio, negli Stati Uniti, in cui 9 su 10 adolescenti americani risultano in possesso di uno smartphone e trascorrono molte ore al giorno a fissarlo – guardando video, giocando e comunicando attraverso i social media. Dal momento che l’utilizzo dei social media tra gli adolescenti è esploso negli ultimi vent’anni, è proprio questo utilizzo che ha portato gli scienziati a pensare che la crescita dei tassi di depressione, ansia e suicidio, potrebbe essere legata proprio ai dispositivi informatici. Questo perché i social media possono avere un effetto indiretto sulla felicità: il tempo trascorso sulle piattaforme social impedisce ai ragazzi di impiegarlo in altre attività, come nelle interazioni sociali di persona, nell’attività fisica o nel sonno – infatti, l’uso malsano dei social porta, secondo studi, grandi disturbi del riposo in questi -, importantissimi per la crescita psico-fisica dei ragazzi. Tuttavia, non è ancora stata trovata una precisa e diretta correlazione tra social media e benessere: «ci sono stati assolutamente centinaia di questi studi, quasi tutti che hanno mostrato effetti piuttosto piccoli», ha dichiarato Jeff Hancock, psicologo comportamentale della Stanford University che ha condotto una meta-analisi di 226 tali studi.

Il nuovo studio è importante, secondo Hancock, proprio per la sua portata: i due sondaggi realizzati in Gran Bretagna raggiungono un totale di 84.000 persone. Uno di questi sondaggi ha seguito più di 17.000 adolescenti dai 10 ai 21 anni nel tempo, mostrando come le valutazioni sulla relazione tra il loro utilizzo dei social media e la soddisfazione di vita, siano cambiate da un anno all’altro: «solo in termini di scala, è fantastico», dichiara il dottore, perché in passato gli studi tendevano ad analizzare tutti gli adolescenti, mentre questi in fase di crescita cambiano rapidamente abitudini e pensieri. Lo studio ha stabilito che durante la prima adolescenza, l’uso dei social determina una soddisfazione di vita più bassa, ma maggiori gradi di soddisfazione l’anno successivo. Per le ragazze, il periodo «sensibile» viene registrato tra gli 11 ei 13 anni, mentre per i ragazzi tra i 14 e i 15. Il dottor Orben ha detto che questa differenza di genere potrebbe essere dovuta al fatto che le ragazze «maturano» prima dei ragazzi. In realtà, però, lo studio rivela anche delle falle: per esempio, l’aver aspettato un anno intero tra le risposte al sondaggio, aver sì chiesto ai partecipanti di indicare quanto tempo hanno passato sui social media, ma non aver chiesto loro come li usassero (e questo potrebbe portare conseguenze diverse perché parlare con un estraneo non è la stessa cosa che giocare con un videogioco). Ad ogni modo, combinando tale studio insieme ai lavori passati, si giunge a sostenere che mentre la maggior parte degli adolescenti non risulta molto influenzata dai social media, un piccolo sottoinsieme potrebbe essere grandemente danneggiato dai suoi effetti. Ma non è possibile prevedere il rischio per ogni bambino.

La situazione dei giovani italiani:

Nel 2019 – secondo un report del 2020 – si contavano più di uno smartphone per ogni abitante italiano. Risultavano quasi 50 milioni gli utenti connessi alla rete ogni giorno: di questi, 35 milioni erano attivi sulle varie piattaforme social, con una media di circa 7 account a persona. Il documento pubblicato da Social Warning mostrava dati preoccupanti: il 79% dei giovani italiani (più di 3,5 milioni di persone) trascorreva oltre 4 ore al giorno su Internet, cioè 28 ore a settimana, 120 ore al mese, 2 mesi all’anno. Dunque, 60 giorni trascorsi sui social. Il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni presentava difficoltà a mettere in pausa giochi e social sul web e controllava lo smartphone in media 75 volte al giorno. Il 7% addirittura fino a 110 volte al giorno. La situazione pare non essere migliorata nel tempo. Infatti, la dipendenza da internet, che sia da social, giochi o da shopping compulsivo, porta ogni anno sempre più persone a chiedere aiuto a psicologi per guarire.

Nell’ultimo anno, infatti, l’Istituto superiore di Sanità ha deciso di soffermarsi su nuovi studi in materia di nuove dipendenze tecnologiche per realizzare una lista completa, con l’obiettivo di dare un aiuto concreto agli utenti più instabili attraverso centri specializzati territoriali. Le dipendenze da internet vengono registrate soprattutto nei ragazzi con età compresa tra i 15 e i 18 anni, ma non solamente. Nel nostro paese, sono quasi 50 milioni gli utenti online ogni giorno, tra giovani e adulti, e 35 milioni quelli sui social. Adele Minutillo, psicologa del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS e responsabile del progetto Rete senza fili, ha dichiarato al Messaggero che: «le forme più diffuse di dipendenza da web tra gli adolescenti ed i ventenni sono Internet e gaming disorder, l’unico disturbo ad aver una collocazione nel manuale di diagnostica, la dipendenza da social media che invece, in prevalenza coinvolge le ragazze e le donne tra i 35 e 45 anni. E ancora lo shopping compulsivo online, la dipendenza dalle relazioni virtuali, queste più diffuse tra le donne ed il sovraccarico cognitivo, cioè la necessità compulsiva di cercare informazioni su Internet, che riguarda di più gli uomini adulti». C’è, dunque, ancora molto da fare per insegnare ai giovani che non sempre il tempo speso sui social risulta formativo; molto spesso, infatti, è fonte di malessere, depressione, isolamento e solitudine. Come per le tutte le cose, è il giusto equilibro a salvare, non dimenticando che siamo esseri sociali che vivono di relazioni vis a vis.