Di Matteo su Bonafede: «Mi voleva capo dell’amministrazione penitenziaria, poi ci ripensò»
04/05/2020 di Gianmichele Laino
Una crepa insanabile all’interno di una corrente politica in Italia. È di fatto questo ciò che ha rappresentato la dichiarazione del magistrato Nino Di Matteo nel corso della trasmissione Non è l’Arena, condotta da Massimo Giletti. Di Matteo, infatti, aveva detto che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede gli aveva proposto la nomina di capo del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Una carica di primissimo piano per il pm, a cui erano state date 48 ore per pensarci. Quando tornò da Bonafede con l’intenzione di accettare l’incarico, però, il ministro della Giustizia aveva già cambiato idea.
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Di Matteo contro Bonafede: «Prima mi propose il Dap, poi cambiò idea»
È questo, in sintesi, il racconto di Di Matteo a Non è l’Arena, condito anche da un altro particolare inquietante. Il pm, infatti, ha detto che nelle 48 ore intercorse dalla proposta della carica al fatto di averla accettata, il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura nazionale antimafia ma anche alla direzione del Dap le reazioni di importantissimi capimafia, legati anche a Giuseppe Graviano e ad altri stragisti, all’indiscrezione che io potessi essere nominato a capo del Dap. Questi ultimi avevano detto che la nomina di Di Matteo sarebbe stata ‘la fine’.
Fatto sta che il ministro Bonafede, 48 ore dopo la proposta, avrebbe cambiato idea rispetto al ruolo da proporre a Di Matteo. In cambio della nomina al Dap, Bonafede gli propose il ruolo di direttore generale del ministero della Giustizia, offerta che Nino Di Matteo rifiutò. Si tratta di una insanabile spaccatura nella corrente giustizialista italiana: Nino Di Matteo è da sempre stato un faro per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, i suoi politici e i suoi elettori. Un’accusa di questo tipo a uno dei massimi esponenti pentastellati non può che provocare disorientamento all’interno delle fila del Movimento 5 Stelle. Qualche segnale di distanziamento, del resto, c’era stato già nel 2018, dopo la prima esperienza di governo pentastellata. Ma mai c’era stata una dichiarazione pubblica che la certificasse.
Di Matteo contro Bonafede, la replica del ministro
Alle parole di Di Matteo ha provato a replicare lo stesso ministro Bonafede, che si è detto esterrefatto: «Sono esterrefatto nell’apprendere che viene data un’informazione che puo’ essere grave per i cittadini, nella misura in cui si lascia trapelare un fatto sbagliato – ha detto Bonafede -, cioè che la mia scelta di proporre a Di Matteo il ruolo importante all’interno del ministero sia stata una scelta rispetto alla quale sarei andato indietro perche’ avevo saputo di intercettazioni. Gli ho parlato della possibilità di fargli ricoprire uno dei due ruoli di cui ha parlato lui, gli dissi che tra i due ruoli per me era più importante quello di direttore degli affari penali, più di frontiera nella lotta alla mafia ed era stato il ruolo ricoperto da Giovani Falcone».