Di Maio, trasformismo 2.0: dopo gli ostacoli con Salvini chiede al PD di «sotterrare l’ascia di guerra»
07/04/2018 di Gianmichele Laino
Non c’è altro modo per leggere l’intervista che Luigi Di Maio ha rilasciato alla giornalista Annalisa Cuzzocrea di Repubblica. Il leader del Movimento 5 Stelle fa una richiesta al Pd, chiedendo di «sotterrare l’ascia di guerra» per provare a formare un nuovo governo. Il resto è rappresentato da risposte misurate con il bilancino, dichiarazioni democristianissime, frasi di circostanza e giri di parole per aggirare l’incalzare della cronista.
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LUIGI DI MAIO RICHIESTA AL PD: «SOTTERRIAMO L’ASCIA DI GUERRA»
Quello di Di Maio a Repubblica è la prova provata del trasformismo 2.0, quello della rete, quello del governo a ogni costo purché sia targato Movimento 5 Stelle. Allora, l’interlocutore diventa di volta in volta la Lega di Matteo Salvini o il Partito Democratico di Maurizio Martina (ma anche un po’ di Matteo Renzi, visto che il leader di Pomigliano d’Arco afferma di non aver mai chiesto un Pd «derenzizzato»).
Tutto e il contrario di tutto, insomma, un po’ come le capriole sull’euro: prima favorevole a un’uscita dalla moneta unica, ora convinto europeista. Di quale Luigi Di Maio dobbiamo fidarci? O, quantomeno, a quale Luigi Di Maio dobbiamo dar retta? A quello che – come dice a Repubblica – «apprezza Matteo Salvini perché ha dimostrato di saper dare la parola data», oppure a quello che, parlando di Maurizio Martina dice: «è una persona con cui si può parlare e spero che si sieda al tavolo».
DI MAIO RICHIESTA AL PD, LA TEORIZZAZIONE DEL TRASFORMISMO 2.0
Detta così, due anime completamente diverse della politica italiana sembrano essere ridotte a un’unica entità. Così lontani, così vicini. Purché dialoghino con il Movimento 5 Stelle. L’inciucio, tanto deprecato dai grillini della prima ora, si trasforma in un contratto. Le parole sono importanti e – per il Movimento – a volte sono tutto. Basta dare un’etichetta giusta al messaggio che si vuole far passare.
Ovviamente, la strategia include anche dribblare le domande scomode. Come quella sul secondo mandato derogabile in caso di nuove elezioni («Non è una discussione all’ordine del giorno») o quella ancor più ficcante su una consultazione online per scegliere l’alleato di governo («Durante la campagna elettorale ho detto che se non avessimo avuto i numeri per governare da soli, avrei fatto appello a tutte le forze politiche sui temi e così ho fatto», è la sua non-risposta). Si può chiamare come si vuole. Ma la sostanza resta la stessa. Anche il Movimento 5 Stelle sta scendendo a compromessi.
(Foto: ANSA / ETTORE FERRARI)