Di Maio e il rinvio del decreto migranti per fermare Salvini

21/09/2018 di Redazione

Non si placa la tensione nel governo. Continua infatti il braccio di ferro tra Movimento 5 Stelle e Lega sul peso che dovranno avere nella prossima legge di Bilancio le loro principali promesse della campagna elettorale: reddito di cittadinanza da una parte e riforma fiscale dall’altra. Al centro dello scontro, in queste ore, sarebbe finito anche il decreto migranti, fortemente voluto da Matteo Salvini. L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, sta spingendo per il rinvio del provvedimento, chiedendo di abbandonare la strada governativa e far seguire al testo un percorso ordinario, parlamentare. Ne parla oggi Repubblica (articolo di Tommaso Ciriaco e Goffredo De Marchis):

La verità è che Di Maio è concentrato soprattutto sulla resa dei conti con il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il suo staff. Considera il reddito di cittadinanza la battaglia della vita. Pensa che Salvini sia schierato dalla parte del Tesoro ed è pronto a reagire sgambettandolo sul decreto migranti. Spettri che lo spingono ad evocare ormai apertamente la crisi dell’esecutivo. «Un governo serio trova le risorse – sostiene – sennò è meglio tornare a casa: è inutile tirare a campare».

Il decreto migranti nel braccio di ferro Di Maio-Salvini

Nella bozza di decreto migranti sono previste novità sui permessi umanitari, per i richiedenti asilo e sulla cittadinanza. Si parla ad esempio di abolizione dei permessi umanitari e di introduzione dei permessi per condizioni di salute molto gravi, calamità naturali, premi per chi compie atti di valore civile. Per quanto riguarda la cittadinanza è possibile la revoca per chi compie gravi reati di terrorismo o eversione. Ciò per consentire l’allontanamento dal territorio nazionale, altrimenti precluso dall’acquisizione della cittadinanza. Per i richiedenti asilo il decreto migranti prevede la possibilità di essere trattenuti negli hotspot per 30 giorni.

(Foto di copertina da archivio Ansa: Matteo Salvini e Luigi Di Maio nell’Aula di Montecitorio nel corso di una votazione. Credit immagine: ANSA / GIUSEPPE LAMI)

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