Piercamillo Davigo e l’errore italiano «di aspettare sempre le sentenze» | VIDEO
29/05/2020 di Enzo Boldi
Il pensiero e l’idea di giustizia di Piercamillo Davigo sono molto note. Giovedì sera, ospite di Piazzapulita (su La7), il magistrato ha ribadito quei concetti più volte espressi che possono essere sintetizzati in una frase: gli imputati e gli indagati devono essere considerati colpevoli come forma di prudenza. Il tutto è stato accompagnato da due esempi che, secondo il membro togato del Csm, vanno a corroborare questa sua tesi.
LEGGI ANCHE > Il ‘duello’ in tv a DiMartedì, Bruno Vespa a Davigo: «Lei ha le manette sul comodino»
«L’unico uso storico del termine giustizialista riguardava il movimento giustizialista in Argentina di Peron- risponde Piercamillo Davigo alla domanda di Corrado Formigli -. È una roba che è stata inventata da esperti di comunicazione perché, invece di difendersi nel merito delle accuse che venivano loro rivolte, hanno inventato questa balla. Il problema è che una cosa sono i sospetti, un’altra cosa sono gli indizi. Il sospetto è un qualcosa che viene in testa a uno, gli indizi sono dati oggettivi che poi saranno valutati processualmente».
Davigo e l’Italia che aspetta sempre le sentenze
«L’errore italiano, secondo me, è stato proprio quello di dire sempre ‘aspettiamo le sentenze’ – prosegue Davigo -. No, non aspettiamo le sentenze. Io facevo sempre questo esempio: se io invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire con la mia argenteria nelle tasche, per invitarlo a cena non sono costretto ad aspettare la sentenza della Cassazione. Smetto subito di invitarlo a cena».
Gli errori italiani, secondo il magistrato
Poi Davigo passa a un altro esempio che segue gli stessi crismi, ma con un’accusa ben più pesante: «Se il mio vicino di casa è stato condannato solo in primo grado per pedofilia, io in omaggio della presunzione di innocenza gli affido mia figlia di sei anni affinché l’accompagni a scuola? No, perché la giustizia è una virtù cardinale, ma anche la prudenza è una virtù cardinale. Il punto è: se l’opinione pubblica e soprattutto la politica decidesse autonomamente, non ci sarebbe tutta questa tensione sulla magistratura».
(foto di copertina: da Piazzapulita, La7)