Data retention: la Corte di Giustizia UE ribadisce che i dati telefonici non possono essere conservati “indiscriminatamente”

Le autorità nazionali non possono conservare i dati telefonici degli utenti in modo «generale e indiscriminato», tranne in alcuni casi

05/04/2022 di Martina Maria Mancassola

«Data retention» e Corte di giustizia UE. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha oggi ribadito, con una nuova pronuncia, che le autorità nazionali non possono conservare i dati telefonici degli utenti in modo «generale e indiscriminato», salvo in alcuni casi. In particolare, le stesse autorità potrebbero utilizzare informazioni specifiche e dettagliate derivanti dal traffico telefonico degli utenti solo per contrastare alcuni reati molto gravi.

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Data retention: la Corte giustizia UE interviene ribadendo il divieto di conservare i dati del traffico telefonico degli utenti in via generale ed indiscriminata

«Data Retention» è un’espressione che indica la necessità di stabilire un periodo di conservazione dei dati personali, oltre il quale questi dovranno essere obbligatoriamente cancellati. La questione non è nuova in ambito europeo e, da ultimo, La Corte di Giustizia dell’UE si è pronunciata su un caso promosso dalla Corte Suprema in Irlanda – in cui un uomo condannato nel 2015 all’ergastolo per omicidio presentava ricorso, sostenendo che il tribunale di primo grado aveva erroneamente ammesso come prova i dati sul traffico e sull’ubicazione delle sue telefonate -. Tramite un tweet, il profilo ufficiale del Resoconto ufficiale del Servizio Stampa della Corte di Giustizia dell’Unione Europea annuncia che la legge dell’Unione Europea «preclude la conservazione generale e indiscriminata dei dati relativi al traffico e all’ubicazione relativi alle comunicazioni elettroniche ai fini della lotta ai reati gravi #PersonalData »

La Corte di giustizia dell’UE (ECJ), con sede a Lussemburgo, se da un lato ha affermato nella sua sentenza che spetta ad un tribunale nazionale decidere se le prove del processo – oggetto di ricorso – fossero consentite, dall’altro lato ha statuito che i membri del blocco non possono disporre delle leggi che permettono di prevenire gli episodi di criminalità attraverso la conservazione «generale e indiscriminata» di tali dati. Alcune circostanze, come ad esempio i reati particolarmente gravi che rappresentano una vera e propria minaccia per la sicurezza nazionale, certamente potrebbero giustificare la conservazione dei dati, ma non in generale, solamente in un ambito più ristretto o per un periodo di tempo limitato.

La questione non è nuova per i giudici europei, infatti, questa pronuncia segue un’altra sentenza della medesima Corte di giustizia del 2021 (Grande Sezione del 2 marzo 2021, causa C-746/18, caso H.K.), secondo cui i dati telefonici degli utenti potrebbero essere utilizzati solo per «combattere crimini gravi o prevenire gravi minacce alla sicurezza pubblica». Siccome solamente le più gravi forme di criminalità – e dunque la finalità di prevenzione alla sicurezza pubblica -, possono giustificare l’ingerenza dello Stato nei diritti fondamentali di cui agli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, tutti gli ordinamenti nazionali si sono ritrovati «costretti» ad adeguarsi e conformarsi al principio di proporzionalità. Il tema centrale attiene alla disciplina della «data retention», espressione che rimanda al periodo di tempo in cui i dati degli utenti possono essere conservati e acquisiti o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica (telefoni, cellulari o pc). Il problema che attanaglia la Corte è trovare un punto di equilibro, e dunque un bilanciamento, tra due interessi contrapposti: l’attività di indagine volta all’accertamento dei reati e l’inviolabile diritto alla riservatezza.

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