Data retention: la Corte di Giustizia UE ribadisce che i dati telefonici non possono essere conservati “indiscriminatamente”
Le autorità nazionali non possono conservare i dati telefonici degli utenti in modo «generale e indiscriminato», tranne in alcuni casi
05/04/2022 di Martina Maria Mancassola
«Data retention» e Corte di giustizia UE. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha oggi ribadito, con una nuova pronuncia, che le autorità nazionali non possono conservare i dati telefonici degli utenti in modo «generale e indiscriminato», salvo in alcuni casi. In particolare, le stesse autorità potrebbero utilizzare informazioni specifiche e dettagliate derivanti dal traffico telefonico degli utenti solo per contrastare alcuni reati molto gravi.
Leggi anche > La storia di Apple e Meta che avrebbero consegnato (a loro insaputa) i dati di milioni di utenti agli hacker
Data retention: la Corte giustizia UE interviene ribadendo il divieto di conservare i dati del traffico telefonico degli utenti in via generale ed indiscriminata
#ECJ: #EUlaw precludes the general and indiscriminate retention of traffic and location data relating to electronic communications for the purposes of combating serious crime #PersonalData 👉 https://t.co/ATb3CgbPxg
— EU Court of Justice (@EUCourtPress) April 5, 2022
La Corte di giustizia dell’UE (ECJ), con sede a Lussemburgo, se da un lato ha affermato nella sua sentenza che spetta ad un tribunale nazionale decidere se le prove del processo – oggetto di ricorso – fossero consentite, dall’altro lato ha statuito che i membri del blocco non possono disporre delle leggi che permettono di prevenire gli episodi di criminalità attraverso la conservazione «generale e indiscriminata» di tali dati. Alcune circostanze, come ad esempio i reati particolarmente gravi che rappresentano una vera e propria minaccia per la sicurezza nazionale, certamente potrebbero giustificare la conservazione dei dati, ma non in generale, solamente in un ambito più ristretto o per un periodo di tempo limitato.
La questione non è nuova per i giudici europei, infatti, questa pronuncia segue un’altra sentenza della medesima Corte di giustizia del 2021 (Grande Sezione del 2 marzo 2021, causa C-746/18, caso H.K.), secondo cui i dati telefonici degli utenti potrebbero essere utilizzati solo per «combattere crimini gravi o prevenire gravi minacce alla sicurezza pubblica». Siccome solamente le più gravi forme di criminalità – e dunque la finalità di prevenzione alla sicurezza pubblica -, possono giustificare l’ingerenza dello Stato nei diritti fondamentali di cui agli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, tutti gli ordinamenti nazionali si sono ritrovati «costretti» ad adeguarsi e conformarsi al principio di proporzionalità. Il tema centrale attiene alla disciplina della «data retention», espressione che rimanda al periodo di tempo in cui i dati degli utenti possono essere conservati e acquisiti o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica (telefoni, cellulari o pc). Il problema che attanaglia la Corte è trovare un punto di equilibro, e dunque un bilanciamento, tra due interessi contrapposti: l’attività di indagine volta all’accertamento dei reati e l’inviolabile diritto alla riservatezza.