Covid-19: perché la Lombardia è un caso a livello mondiale
11/05/2020 di Daniele Tempera
Dai settantanni in sù, proveniente in larga parte dal Nord Italia e in particolar modo dalla Lombardia, con patologie croniche: è questo l’identikit più attendibile della gran parte delle vittime da Covid-19. E se l’epidemia aveva fatto pensare, nei primi tempi della sua diffusione, a una rapida diffusione per tutta la Penisola, a qualche mese di distanza dal caso zero di Codogno il quadro che possiamo osservare è molto diverso.
A pagare il prezzo più alto sono state sicuramente le regioni del Nord, ma in particolar modo la Lombardia che detiene il triste primato di quasi la metà dei decessi a livello nazionale e ben il 37% dei casi. Numeri allarmanti che fanno della Regione un caso unico a livello italiano e mondiale. Seguono Piemonte ed Emilia Romagna, con medie rilevanti di decessi e contagi.
Un tasso di letalità fuori dalla media
E se il tasso di letalità medio per Covid-19, ovvero il rapporto tra contagi e decessi, in Italia si aggira attorno al 10%, quello lombardo è addirittura del 18%, un caso unico a livello italiano e mondiale.
Una media che, come avvertono virologi ed epidemiologi, potrebbero essere ampiamente sovrastimata. Il numero di casi positivi potrebbe infatti essere ben superiore a quello registrato dalle autorità sanitarie: un’eventualità che farebbe scendere il tasso di letalità della malattia complessivo (anche in regioni come la Lombardia) verso livelli sicuramente più accettabili.
È possibile però che, come esiste una larga maggioranza di casi non accertati, esistano anche un largo numeri di decessi non attributi al Covid. Un ipotesi fatta propria dall’Istat in un’indagine sui decessi del primo trimestre del 2020. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica i decessi sono aumentati in Italia, nel periodo compreso tra 21 febbraio e 31 marzo, del 38,7% su scala nazionale rispetto alla media dello stesso periodo nel quinquennio compreso tra 2015 e 2019.
Valori in cui il Covid potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale, come dimostra il netto incremento di città particolarmente martoriate dell’epidemia come Bergamo (+598%), Cremona (+391%) e Lodi (+370%). E se sulla regione pendono molti aspetti controversi, come il caso della gestione delle RSA, la privatizzazione della sanità pubblica e le denunce dei medici di base, numeri di questo tipo non autorizzano certo a rimanere indifferenti anche da un punto di vista scientifico o epidemiologico. Il “caso Lombardia” si staglia, con tutta la sua drammaticità, dai tristi fotogrammi di questi mesi: tornare alla normalità è forse anche capire le ragioni profonde che hanno reso questa regione un caso unico a livello mondiale.