Covid-19: perché alcuni sono più a rischio di altri?
18/05/2020 di Daniele Tempera
Un calvario durato mesi e costato finora oltre 30.000 vite umane e sacrifici umani ed economici enormi. Ma se il bilancio dell’epidemia da Covid-19 è drammatico, quello che appare evidente però, osservando attentamente i dati dell’Istituto Superiore di Sanità e quelli provenienti dalla sanità veneta è che il rischio di decorso tragico della malattie non è lo stesso per tutti. Sebbene esistano casi di persone giovani, e prive di patologie, colpite duramente dal Covid-19, la malattia non colpisce ugualmente tutta la popolazione.
Se ad oggi l’età media di positivi al Covid-19 è stata di 62 anni, quella media delle vittime è invece di 81 anni. Oltre l’85% dei decessi coinvolge pazienti con più di 70 anni di età, mentre la soglia si affievolisce molto per quanto riguarda i pazienti più giovani.
I tassi di letalità variano dal 2.5% per la fascia di età compresa tra i 50 e i 59 anni, fino a salire al 29.6% per le persone comprese tra gli 80 e gli 89 anni, la fascia di popolazione più esposta al decorso severo della malattia. Molto più marginali invece sembrano i rischi al di sotto dei 30 anni (0.3% per la fascia 30-39 anni e 0.1% per quella compresa tra 20 e 29).
Perché gli anziani sono più a rischio?
Ma perché gli anziani sono la categoria più a rischio? Un ruolo, secondo gli esperti è costituito sicuramente dalle cosiddette patologie croniche.
In uno studio condotto su oltre 2000 decessi, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, si è scoperto che oltre il 60% delle vittime aveva tre patologie croniche concomitanti, mentre la mortalità sembra essere spesso coincidere con la presenza di almeno una malattia cronica. Ma il punto è che quando si pensa a “patologie preesistenti” non si deve per forza pensare a malattie mortali o fortemente invalidanti.
Una delle malattie riscontrate più frequentemente nelle vittime di Covid-19 è l’ipertensione, seguono diabete, cardiopatie, insufficienza renale e molto altro. Malattie comuni dopo una certa età e ben controllabili, ma che rendono il decorso del Covid-19 spesso infausto.
Anziani e patologie croniche
E forse per capire il potenziale distruttivo del Covid, è utile incrociare i dati Istat con quelli dell’Istituto Superiore di Sanità: il fotogramma è quello di un Paese che invecchia a ritmi sostenuti. Nel 2018 gli ultrasessantecinquenni erano il 22.8% della popolazione italiana, mentre l’aspettativa di vita media in Italia si è allungata progressivamente. Mediamente oggi l’età media in Italia è di 83,2 anni: nel 2018 gli uomini potevano aspirare a una vita media di 80.8 anni e le donne di 85.2. Un dato positivo, correlato però a doppio file con la possibilità di sviluppare malattie croniche.
Secondo l’Istat, dopo i 55 anni, più della metà degli italiani presenta almeno una patologia cronica. Tra i 65 e i 74 anni quasi il 50% è affetto invece da due patologie croniche; dopo i 75 anni la percentuale è addirittura superiore al 66%. E se correliamo l’incidenza delle malattie preesistenti nel caso delle vittime del Covid 19 e la loro incidenza nella popolazione italiana, soprattutto anziana, si può intuire il perché dell’alto tasso di letalità tra i più anziani.
In particolare l’ipertensione arteriosa che rappresenta una costante nel caso delle complicazioni da Covid-19 è presente in oltre il 40% degli italiani e in oltre il 66% di quelli sopra i 75 anni. Analogo discorso può essere fatto per il diabete che sopra i 75 anni colpisce quasi il 20% della popolazione, così come altri fattori di rischio molto diffusi restano le bronchiti croniche e le malattie cardiache: patologie che si diffondono simultaneamente con l’allungarsi dell’aspettativa di vita media. Purtroppo sono le stesse malattie che rendono il Covid-19 un nemico talvolta molto difficile da sconfiggere.