Chi sono gli haters? Viaggio in una delle deviazioni social
Gli odiatori di professione, con le dita sempre pronte sulla testiera per digitare le peggiori malignità
22/02/2021 di Enzo Boldi
Esistono da quando l’uomo inventò i social network e, in quell’ecosistema fatto di libertà e contraddizioni, hanno trovato il cibo quotidiano con cui sfamarsi. Parliamo degli odiatori, i leoni da tastiera che vivono, sopravvivono e si nutrono – come moderni Narcisi – di quanto offre la rete. Negli ultimi anni, anche a causa della politica che si è spostata (troppo) sulle varie piattaforme come Facebook, Twitter, Instagram e anche TikTok, abbiamo visto crescere davanti ai nostri occhi questo fenomeno, quasi incontrollabile. Ma cosa vuol dire haters? Chi sono gli haters? Proviamo a fare un viaggio in uno dei mali del web.
Cosa vuol dire haters?
Innanzitutto partiamo dalla risposta alla domanda che serve a contestualizzare l’argomento: cosa vuol dire haters? Il nome deriva dalla parola anglosassone «hate», cioè odio. Di fatto, dunque, l’haters non è altro che una persona che fa di quel sentimento negativo un proprio tratto distintivo. Una questione che, dunque, ha un’origine psicologica e che trova la sua valvola di sfogo sui social network. La spiegazione viene fornita anche dall’Accademia della Crusca:
«Persona che usa la rete, e in particolare i social network, per esprimere odio o per incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa; odiatore. Dall’inglese hater, ‘odiatore’, a sua volta dal verbo to hate ‘odiare’, in uso in inglese sin dal sec. XIII. Già in Middle English esisteva il sostantivo hatere ‘chi odia’, mentre in Old English hetend significava ‘nemico’».
Occorre sottolineare, però, come i vari Facebook, Twitter e Instagram non siano stati i luoghi natii di questo fenomeno. Prima dell’approdo in rete di queste piattaforme, infatti, trovavamo commenti d’odio (spesso frutto di una forma mentis ideologizzata) anche sui giornali online, dove era possibile postare i propri pensieri a corredo di un articolo su questo o quell’argomento. Poi, però, con i social questo fenomeno è diventato sempre più imponente e invasivo, tanto da aver portato le varie piattaforme a continue modifiche nei propri regolamenti. Rimedi che, però, non sempre sono risultati efficaci.
Genealogia di un fenomeno web
Abbiamo parlato di politica. Ma non sono solamente gli esponenti dei vari partiti a essere vittime (a volte carnefici) di queste dinamiche. Tra i più colpiti, per esempio, troviamo gli influencer. Come esempio possiamo prendere quello di Chiara Ferragni, l’imprenditrice italiana in grado di costruire un vero e proprio impero (anche economico) partendo dal suo blog. Ed è lei, da anni, la star di Instagram. Un successo che non è apprezzato e ammirato da tutti. Anzi. Per rispondere alla domanda «cosa vuol dire haters» basterebbe fare un giro sul suo profilo social e leggere la quantità di commenti che, spesso e volentieri, non hanno nulla a che vedere con il post pubblicato. Ed è qui che subentra quel fantastico acrostico che sintetizza la natura di un hater.
«Provare rabbia nei confronti di tutti quelli che ottengono un successo». Questa è la genealogia degli haters, sintetizzata. Ma non si può parlare di gelosia, nel senso compiuto del termine. Più comunemente, infatti, ci si trova di fronte a un’invidia sociale che trova la sua valvola di sfogo proprio sui social network.
Cosa vuol dire haters e perché sono una minoranza rumorosa
E proprio questo concetto di haters porta a un’analisi di quel che accade sul web. Su internet (e sui social) leggiamo spesso articoli in cui si denunciano atteggiamenti di odio online. A perpetrarli non è la maggioranza degli utenti, ma la cosiddetta minoranza rumorosa: una serie di persone che, con il loro comportamento aggressivo e verbalmente violento, attirano l’attenzione molto più degli altri che – invece – mantengono anche in rete un comportamento corretto e in linea con una corretta educazione (anche digitale). Ovviamente, occorre ricordarlo, i comportamenti sbagliati in rete sono punibili e negli ultimi anni è stata attuata una normativa ad hoc sull’odio online che punisce chi si macchia di quelli che sono, a tutti gli effetti, dei veri e propri reati, come spiega La Legge per Tutti.
Haters gonna hate
Ora che sappiamo cosa vuol dire haters, occorre analizzare l’evoluzione dinamica di questo fenomeno. Perché gli odiatori non sono casuali: spesso e volentieri, infatti, si sottolinea come «haters gonna hate». Questo concetto deriva dallo slang americano – spiegato bene anche da Urban Dictionary – e si può sintetizzare con: quelli che odiano, odieranno sempre». Anche senza alcun pretesto, dunque. Chi è incline all’essere un hater sui social, continuerà a esserlo anche quando non vi è alcun motivo. L’odio, infatti, viene considerato il miglior cibo degli odiatori che si saziano – sul web – attraverso tutte le cattiverie che riescono a digitare. Ed è questo il fenomeno più preoccupante della rete perché si tratta di un fenomeno che si autoalimenta.
Il linguaggio degli haters
Uno dei tratti distintivi di un hater è la spocchia social: navigando sui social, infatti, troviamo numerosi commenti di utenti (che credono di essere protetti da un vacuo e indefinito anonimato) che non hanno alcuna voglia di confrontarsi. Per loro, infatti, l’unica verità è quella che hanno in testa e che sprigionano dando libero sfogo attraverso le dita battute su una tastiera. E il loro linguaggio è aggressivo, ricco di insulti e – spesso e volentieri – privo di una verità oggettiva. Tutto ciò provoca derive che vengono racchiuse sotto altri termini specifici: dal sessismo, al body shaming fino ad arrivare al cyberbullismo (con fenomeni che, poi, si traducono in fatti di cronaca nel mondo reale) e al razzismo. Fenomeni che rispondono direttamente al concetto di haters, quegli odiatori che trovano sul web (e sui social) la propria valvola di sfogo.