Perché, oltre a ridurre il numero dei casi, è importante spostare il picco più in là
11/03/2020 di Ilaria Roncone

A dirlo è Paolo Bonanni, professore di Igiene presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Firenze. Com’è logico che sia sono in tanti a chiedersi quando arriverà il picco, il numero massimo di contagiati da coronavirus. Considerati i molti modelli matematici che non vengono divulgati dagli addetti ai lavori per questioni di non-allarmismo e le varie possibilità, ognuna con margini di errore più o meno alti, una sola cosa è certa: l’andamento del virus dipende da quanto rispettiamo le misure adottate dal governo.
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L’andamento del coronavirus dipende da noi
Con l’aumento esponenziale dei casi su quasi tutto il territorio nazionale, la domanda sul picco del coronavirus cerca sempre più una risposta che in realtà non c’è. «Ogni epidemia è diversa e ogni territorio è diverso e risponde con misure differenti e comportamenti propri», sottolinea Bonanni, evidenziando come si possano fare solamente «previsioni a spanne». Al momento non è possibile fare previsioni precisi – o almeno il professor Bonanni non se la sente – però è molto probabile che il virus abbia attecchito maggiormente in Lombardia perché – tra le altre cose – si rileva una maggiore densità di popolazione («quante persone si incontrano, per quanto tempo, quanto a lungo»). Limitare il più possibile i contatti tra le persone e gli spostamenti, quindi, è imperativo ora più che mai poiché «più ci atteniamo alle indicazioni che ci ha dato il governo, più contribuiamo a ridurre il numero dei casi, l’affollamento delle rianimazioni, avremmo meno morti e forse una coda un po’ più lunga dell’epidemia, ma questo non ci preoccupa più di tanto, perché l’importante è non avere i picchi tutti insieme perché sennò mettiamo in discussione la possibilità di salvare le persone».
Abbassare verticalmente il picco, ovvero diminuire i casi e spostarlo più in là
Il professore dell’ateneo fiorentino ha parlato di «abbassare verticalmente il picco, quindi ridurre il numero totale dei casi, ma anche cambiare la data di arrivo e spostarlo più in là». Riuscire in questo intento è «importante per il sistema sanitario, visto che la criticità aumenta quando non si riesce a far fronte a tanti casi gravi contemporaneamente e visto che operare con un picco di moltissimi casi in pochi giorni rende purtroppo più alto anche il valore della letalità». Il sistema sanitario deve quindi avere il tempo di reagire e gli ospedali devono avere posti letto liberi per curare le persone a scaglioni, non tutte insieme. Parlando della stagionalità presunta del virus, non ci sono purtroppo «presupposti scientifici, ma alcuni pensano che la stagione calda possa influire sull’andamento dell’epidemia: ce lo auguriamo in tanti ma non abbiamo dati che lo confermino per ora».
(Immagine copertina da Pixabay)