Cimice marmorata: identikit del killer della nostra agricoltura

A molti dirà poco, al di là dell’aspetto estetico non esattamente stupendo. Per i contadini del Nord e del Nord Est è una piaga che è già costata qualcosa come svariati miliardi di euro di danni. Parliamo della cimice marmorata asiatica (Halyomorpha halys), l’insetto che, da anni devasta coltivazioni e abitazioni di regioni come Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Lombardia e che viene da molto lontano. Originario di Cina, Giappone e Taiwan, ha percorso molta strada prima di proliferare sui nostri campi e mettere in crisi agricoltori e abitanti. Fuori dal continente asiatico è stato poi avvistato nel 1998 negli Stati Uniti e infine, nel 2012 in Italia, a Modena. In soli sette anni è riuscito, secondo stime della Coldiretti, a incidere pesantemente sulla nostra agricoltura e mettere addirittura in crisi intere aziende. «La cimice asiatica si sposta fra più colture a seconda della loro fase di sviluppo, ha una dieta varia e differente che fa sì che la troviamo in molte specie vegetali, per questo è particolarmente dannosa per la nostra agricoltura» sottolinea il dottor Luca Benvenuto, tecnico fitosanitario dell’ERSA, l’Agenzia regionale per lo Sviluppo Rurale del Friuli Venezia Giulia. Tra i prodotti più colpiti ci sono: fagioli, soia, pesche, mele, pere, kiwi, albicocche, uva, mais, ciliegie, lamponi, girasoli e piante da vivaio.  E il problema non è solo nel consumo: una volta che l’insetto punge il frutto, la frutta subisce un processo di necrosi dei suoi tessuti, a causa delle reazioni biochimiche indotte dalla sua saliva.

I danni secondo la Coldiretti

E se, solo per il 2019, ad agosto la Coldiretti parlava di milioni di euro di danni, le stime sono tutte da verificare, e sembrano alquanto sostanziose: «Parliamo di milioni di euro, con danni enormi per quel che riguarda i raccolti di più colture e se le aree più colpite sono quelle a cavallo tra Veneto, Friuli ed Emilia Romagna, sappiamo che la cimice si sta diffondendo anche in altre regioni» sottolinea il Responsabile economico di Coldiretti Lorenzo Bazzana che lancia un monito. Al Sud infatti questi insetti potrebbero trovare terreno ancora più fertile e riprodursi più agevolmente, mettendo così in crisi la totalità della nostra agricoltura. «Non c’è nessuna compagnia assicurativa disposta a coprire i danni prodotti dalle cimici per l’alta probabilità di rischio, mentre ci sono paesi come Australia e Nuova Zelanda che non hanno fatto attraccare navi con a bordo questi parassiti, mentre stanno addestrando i cani a riconoscerne l’odore negli aeroporti, tanto per avere la dimensione di quello di cui parliamo» aggiunge Bazzana che invoca, per il problema, un intervento straordinario come è avvenuto per il caso Xylella. Anche perché tutte le difese finora messe in campo, dai fitofarmaci alle barriere fisiche, non hanno, di fatto, risolto il problema.

La possibile soluzione in un altro parassita

Ma perché il problema della proliferazione è solo nostro? In Asia, paese di provenienza di questi insetti, ci sono dei parassiti naturali capaci di impedirne la proliferazione e mantenerli in uno stato di equilibrio con l’ambiente. Cosa che, fino ad ora, non è avvenuta altrove, Italia compresa. Ed è proprio sullo sviluppo e sulla ricerca di questi parassiti che si orienta ora la ricerca: « Ogni cimice depone varie uova l’anno e studiandole, nel corso dello scorso anno, abbiamo notato che alcune erano state parassitate dalla vespa Trissolcus Mitsukurii, una specie parente stretta della Trissolcus Japonicus, meglio conosciuta come ‘vespa samurai’, scoperta poi anch’essa nel corso del 2018 in altre regioni del nord Italia. È stata la prima volta al mondo, che questo insetto è stato rilevato fuori dall’Asia, un’evidenza resa possibile grazie a uno studio che abbiamo portato avanti con il CREA di Firenze. Entrambe sono antagoniste naturali delle cimici perché depongono le proprie uova all’interno di quelle di questi insetti, indebolendo così la loro proliferazione» sottolinea Luca Benvenuto dell’Ersa. Il punto è capire che impatto potranno avere oggi questi parassiti sul nostro habitat ed è presto per capirlo, nonostante l’urgenza degli agricoltori. Gli studi sono in corso, ma si dovrà ancora pazientare. Quel che è certo è che, anche nel nostro Paese, con le cimici asiatiche si dovrà imparare a convivere e, nel frattempo, studiare misure di sostegno per gli agricoltori: «Si prenda, ad esempio, il cinipide del castagno, un parassita particolarmente dannoso per il castagno e per le specie affini, dopo il rilascio di un parassitoide in grado di contrastarlo abbiamo dovuto aspettare 7-8 anni per la riduzione della popolazione e l’attenuazione degli effetti. È ragionevole per arginare la cimice asiatica (eradicarla è ormai impossibile) potremmo impiegare lo stesso tempo, nel frattempo sarebbe opportuno studiare misure per sostenere gli agricoltori» conclude il responsabile economico di Coldiretti Lorenzo Bazzana.

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