Chiesa e paradisi fiscali: a Loreto la Madonna piange
21/04/2009 di Donato De Sena
Mentre Ratzinger se la prende con la finanza e le banche, nel santuario in provincia di Ancora dodici milioni gestiti da un consulente finanziario per conto del Monsignore sono spariti nel nulla. E in Vaticano si arrabbiano
Qualche anno fa a Loreto puntualmente ogni fine settimana si vedeva una Jaguar parcheggiata in Piazza della Madonna. Ma chi fosse il proprietario di quell’auto scintillante restava un fitto mistero per la gente del posto. All’inizio si parlava vagamente di un amico dell’arcivescovo Gianni Danzi, di un fantomatico mister “X”, senza riuscire mai a risalire alla vera identità del personaggio. Solo in seguito a fatti di cronaca il mistero è stato svelato e si è riusciti a giungere al nome e al cognome.
SOLDI IN FUMO – Si trattava, con buone probabilità, di Marco Bossio, un analista finanziario già coinvolto ad inizio anni ’90 nel fallimento della società di intermediazione mobiliare Girardi, un crac da 60 miliardi di lire ai danni di centinaia di risparmiatori: fu arrestato e imputato nel processo per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio. E’ a Bossio che, in qualità di consulente finanziario, l’arcivescovo di Loreto Danzi aveva delegato la gestione di un patrimonio di circa 12 milioni di euro di proprietà della Delegazione Pontificia del Santuario della Madonna di Loreto, ed è proprio lui il responsabile della scomparsa di quei quattrini della Delegazione, balzati da questa a quella banca estera fino a far perdere le proprie tracce in qualche paradiso fiscale. Il denaro, infatti, dapprima depositato in diversi conti correnti della Banca delle Marche, della Cariplo e del Credito Cooperativo di Camerano, tra il 2005 e il 2006 sarebbe stato raccolto in un unico conto milanese di Unicredit per poi essere trasferito in Svizzera, quindi in Brasile e infine alle isole Cayman. Lo svuotamento delle casse sarebbe stato scoperto solo alla fine del 2007, quando in seguito alla scomparsa dell’arcivescovo Danzi, avvenuta ad inizio ottobre, alla sua successione fu nominato prelato di Loreto e Delegato Pontificio del Santuario della Santa Casa il Mons. Giovanni Tonucci.
MASSIMO RISERBO – Sul tragitto dei soldi, che sarebbe stato poi ripercorso grazie ad una indagine interna commissionata dalla Prefettura degli affari economici del Vaticano con la collaborazione dello Ior (Istituto per le Opere di Religione, una delle banche vaticane), e di cui si è venuti a conoscenza solo all’inizio di quest’anno, mantengono il massimo riserbo sia l’arcivescovo che la Santa Sede. “Se c’è stato qualcosa è di certo una vicenda che non ha riguardato direttamente il santuario. Da parte nostra, guardiamo avanti cercando di curare l’amministrazione con la massima attenzione“, si è limitato a dire Mons. Tonucci, uno con alle spalle una carriera diplomatica e che vorrebbe risolvere senza clamori la questione oramai arrivata nelle stanze vaticane. Ha mantenuto la bocca cucita anche il segretario della Delegazione pontificia di Loreto, Claudio Quattrini: “Di questo presunto ritrovamento non abbiamo alcun riscontro“. E’ una storia fatta di voci e indiscrezioni: addirittura la Santa Casa non ha mai ufficialmente confermato nemmeno la sparizione della somma. E mentre oggi per alcuni il tesoretto sarebbe stato perfino recuperato salvo commissioni per 100-150 mila euro e sarebbe ritornato in possesso della Delegazione, per altri a Loreto si sta ancora lavorando per rimediare ai danni della gestione-Bossio. Infatti, si tratti di truffa o di disattenzione, si parla della possibilità di cedere un terreno edificabile di proprietà della Delegazione dal valore di circa 6 milioni di euro per ammortizzare ed anche della possibilità di portare la vicenda in tribunale, anche se non si sa bene ancora nei confronti di chi agire e se nell’ambito civile o penale.
VATICANO-CAYMAN – Quale che sia stato il corso delle cose, resta il fatto che quelle risorse finanziarie erano il frutto della benevolenza dei fedeli e forse avrebbero meritato un trattamento migliore rispetto a quello garantito da un finanziere già tristemente conosciuto alle cronache giudiziarie. E la destinazione del flusso di denaro, le isole Cayman, non esclude che in qualche modo il Vaticano possa avere le sue responsabilità nella vicenda, al fianco di Bossio. La località caraibica, infatti, non è nuova nella storia della finanza vaticana. Si legge, ad esempio, così in un articolo molto diffuso sul web: “I segreti finanziari del Vaticano vengono conservati nelle Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello IOR. Le Cayman sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano“. No, per dire.