L’istituto che ha studiato il genoma del virus serbo ridimensiona la sicurezza di Zaia

14/07/2020 di Enzo Boldi

Aveva ostentato grande sicurezza, nella giornata di ieri, Luca Zaia. Carte alla mano, il Presidente del Veneto aveva detto che gli esperti della sua Regione avevano isolato con successo il ceppo coronavirus serbo – quello che ha dato origine ad alcuni piccoli focolai, partendo dal manager di Pojana Maggiore (in provincia di Vicenza) -, assicurando che quegli studi avevano accertato l’alta carica virale di quei campioni analizzati. Oggi, però, lo stesso team di esperti che ha sequenziato il genoma del virus proveniente da quel cluster, ridimensiona le parole di Zaia. Non vi sono, infatti, elementi di certezza per affermare ciò che è stato dato per certo ieri in conferenza stampa.

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Quell’annuncio è stato, dunque, rimodulato grazie all’intervento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, gli autori di quella ricerca. Dalla giornata di lunedì, dopo l’annuncio di Zaia, il team di esperti è stato sommerso dalle richiesti di chiarimento e oggi hanno voluto far luce sui reali esiti della loro ricerca pubblicando quanto venuto fuori dal lavoro di ‘sequenziamento del genoma di SARS-CoV-2 appartenenti al cluster dei virus identificati in Serbia’.

Ceppo coronavirus serbo, ha davvero più carica virale?

Nel loro comunicato, affermano che gli studi effettuati sui campioni ricevuti a inizio luglio dalle province di Padova e Vicenza è emersa una carica virale superiore rispetto ai casi registrati finora in Veneto e nel resto d’Italia. E quei campioni analizzati, secondo gli studi clinici effettuati in laboratorio, sembrano essere collegati tra loro. Insomma, lo studio del genoma non mente. Quel ceppo coronavirus serbo sembra essere veramente più virale in confronto a quel che abbiamo – purtroppo – vissuto in Italia negli ultimi mesi.

I ma e i però

Gli stessi esperti dell’IZSVe, però, hanno voluto sottolineare un aspetto che non può essere secondario, soprattutto per la vasta eco mediatica che ha provocato l’annuncio di Luca Zaia. Nel comunicato (dove si spiegano completamente i risultati e le metodologie della loro ricerca), infatti, viene specificato: «Dalle analisi effettuate per identificare il virus nei campioni clinici è emerso che la carica virale era molto elevata, tuttavia alle specifiche mutazioni riscontrate non è possibile associare una diversa (maggiore o minore) patogenicità del virus, poiché finora non ci sono sufficienti studi che mettano in relazione le forme cliniche con le mutazioni osservate». Il motivo è semplice: i campioni inviati all’IZSVe per i loro studi sono stati solamente quattro. Troppi pochi per dare una certezza come quella ostentata ieri dal Presidente Luca Zaia che, dall’alto del suo biennio di studi di Veterinaria, ha preso solo una parte di quei risultati, rendendoli pubblici.

(foto di copertina: da profilo Instagram di Luca Zaia + grafico studio IZSVe)

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