Da miscela cattosexy a fustigatrice: Libero e il Giornale all’attacco della Gruber
28/10/2019 di Daniele Tempera
Un attacco feroce, di quelli che la stampa di destra riserva solo a chi mette in crisi equilibri consolidati. Prima della sbornia delle elezioni umbre, con il trionfo sovranista annunciato sobriamente sui social network da “Il Giornale” con “Abbiamo liberato l’Umbria” (toni degni dalla liberazione da una nazione occupante o dalle forze del male) il quotidiano di Sallusti, con l’immancabile compagnia “Libero” di Pietro Senaldi, aveva tuonato contro Lilli Gruber. Del resto, la conduttrice di “Otto e Mezzo” è da sempre uno dei bersagli preferiti dai sovranisti nostrani per il suo europeismo e le sue posizioni nemmeno troppo velatamente scettiche nei confronti del salvinismo e delle nuove destre. Questa volta però l’oggetto dell’attacco è diverso, ovvero un’intervista concessa a “IO donna” su un libro scritto dalla stessa Gruber intitolato: “Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone” in cui la giornalista si scaglia contro le tre “v” maschili: volgarità, violenza, visibilità, che stanno distruggendo il mondo, e che dovrebbero essere rimpiazzate da empatia, diplomazia, pazienza. Una pubblicazione che ha mandato su tutte le furie la stampa di destra che si è scagliata contro la femminista radical-chic fustigatrice dei sani valori maschi della nazione.
Perché Libero e il Giornale attaccano “la crociata dell’ex mezzobusto Rai”
E l’attacco è ovviamente al passato della giornalista, come ribadito da Libero, che non rimprovera alla Gruber il passato da mezzobusto Rai: «Lilli Gruber divenne rapidamente, e pubblicamente, la trequarti “più desiderata dagli italiani”, perlomeno quelli che non avevano mai visto una trequarti. Precisa e attenta, il cipiglio dritto alla telecamera combinato con la suddetta trequarti e i capelli fiammeggianti, per il piccolo schermo in quegli anni erano una miscela cattosexy micidiale», mentre il Giornale vede nel libro della giornalista una contraddizione in termini: «Si direbbe un atteggiamento testosteronico, eppure la giornalista che vanta un curriculum di spicco nel servizio pubblico e una professionalità ampiamente riconosciuta, attribuisce all’ormone tipicamente maschile la paternità praticamente di tutti i mali del mondo».
La giornalista è poi ampiamente attaccata per aver osato dire che agli uomini farebbe bene assumere di tanto in tanto atteggiamenti più femminili o paritari nei confronti delle donne, una banalità in un Paese dove il femminicidio è spesso un tema di cronaca, ma evidentemente non per Libero o per il Giornale per le quali le parole della giornalista assomigliano a un tentativo di rieducazione. Per Libero, la Gruber addirittura riconosce che nelle nuove generazioni «è normale che un giovane padre si occupi dei figli quando la mamma lavora». Un atteggiamento che per i sovranisti nostrani sa di “femminilizzazione” e indebolimento del maschio italico. Una figura di uomo che nel mezzo busto, non della Gruber, ma del “Capitano” dietro una consolle del Papete, trova forse la sua massima espressione,