Toh, che sorpresa: invece di abolirlo, il governo “aumenta” il canone RAI
L'abolizione del canone Rai è sempre stata una boutade da campagna elettorale (soprattutto della Lega). Ma con questa manovra si torna al passato: sparita la riduzione una tantum dell'anno scorso
25/10/2024 di Gianmichele Laino

Diciamo la verità: chiunque avesse creduto, durante la campagna elettorale, all’abolizione del canone Rai può essere a buon diritto definito quantomeno come sprovveduto. È impossibile, infatti, per il servizio pubblico continuare a sostenersi senza la quota che i cittadini italiani versano ogni anno nelle casse di Viale Mazzini: il canone Rai, in tempi in cui la raccolta pubblicitaria non è esattamente florida, rappresenta quello zoccolo duro che consente al servizio pubblico di proporre i suoi programmi e di sostenere, nei fatti, la concorrenza con le altre reti generaliste. Nel corso della campagna elettorale, la Lega di Matteo Salvini aveva fatto grandi proclami rispetto all’abolizione del canone, ma poi – una volta scontratosi con il pragmatismo di chi governa – ha dovuto fare marcia indietro.
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Canone Rai, altro che abolizione: si torna alle cifre del passato
Il massimo che era riuscita a ottenere, nel corso del 2024, era stata una riduzione una tantum del canone stesso, prevista all’interno della manovra economica dello scorso anno: dai 90 euro, si era scesi a 70 euro, da corrispondere all’interno della bolletta dell’energia elettrica (altro tema controverso, come vedremo all’interno del nostro monografico di oggi). Un gesto che era stato interpretato come una mediazione all’interno di una maggioranza (che appare sempre più compatta di quanto non lo sia sui temi chiave della governance) in cui la Lega aveva bisogno di un riconoscimento per non risultare troppo distante dalle sue promesse elettorali. E che aveva fatto storcere il naso ai dirigenti Rai, timorosi che un minore gettito avrebbe fatto abbassare la qualità dell’offerta del servizio pubblico (che – proprio nei mesi scorsi – ha dovuto rinunciare ad alcuni pezzi grossi, Amadeus su tutti).
Ma la manovra del prossimo anno, come è stato ampiamente analizzato, ha bisogno di risorse. Non si poteva, dunque, coprire con altri fondi la differenza di 430 milioni di entrate legata alla riduzione del canone in bolletta. Quei 430 milioni di euro servono per far quadrare i conti e – dunque – il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è tornato alle origini: la quota deve arrivare interamente dal canone Rai.
Ovviamente, c’è ancora tempo affinché tutto questo cambi segno. La Lega potrebbe infatti tornare alla carica e formulare, attraverso un emendamento alla legge di bilancio, una soluzione per tornare nuovamente ai 70 euro dello scorso anno. Fatto sta che – così come per altre voci di spesa – la manovra non coincide con le promesse elettorali. Ed è ancora una volta l’ecosistema dei media (oltre a quello digitale, come abbiamo visto nei giorni scorsi) a fare da ago della bilancia tra la necessità di evolversi e una visione politico-istituzionale ancora legata alle “mancette” per i cittadini.