La storia del canone Rai esteso anche a chi guarda la “tv” da smartphone, tablet e pc

Mercoledì ha parlato, in Commissione Vigilianza, l'amministratore delegato della televisione pubblica Carlo Fuortes che ha sintetizzato le ipotesi per il futuro della "tassa"

13/10/2021 di Enzo Boldi

La Rai chiede più soldi. Non andando a pescare nelle tasche degli italiani (o, almeno, non del tutto), ma chiedendo allo Stato di non trattenere più una percentuale sul gettito. Lo ha detto martedì sera, in Commissione Vigilanza, l’amministratore delegato della televisione pubblica Carlo Fuortes. Oltre alla richiesta ufficiale di una rimodulazione dei parametri di quella parte di canone Rai trattenuto, sono state anche fatte alcune ipotesi per “allargare la platea” di chi è obbligato (essendo, di fatto, un’imposta prevista dalla legge) a versare quel contributo annuale (anche se scaglionato all’interno della bolletta elettrica).

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«Ridare tutto il canone alla Rai non significa un maggior canone – ha detto Fuortes davanti alla Commissione Vigilanza -. Il canone è una tassa di scopo pagata dagli italiani per avere il servizio pubblico radiotelevisivo. E al momento una parte di questa tassa viene destinata, secondo una decisione lecita del Parlamento, al Fondo per l’editoria e non al gestore del servizio pubblico televisivo». Si fa riferimento a una cifra che lo scorso anno si è attestata attorno ai 110 milioni di euro. Secondo l’amministratore delegato di viale Mazzini, la norma attuale porta la televisione pubblica italiana a combattere una lotta impari rispetto ai competitor stranieri. E quindi la sua richiesta serve per «cercare di riportare l’Italia al livello di tutti gli altri Paesi europei e quindi avere il 96% invece dell’86% della tassa di scopo che pagano gli italiani per avere il servizio pubblico porterebbe 200 milioni in più di risorse, quindi il 12-13% in più. Risorse importanti che garantirebbero lo sviluppo tecnologico, garantirebbero un miglioramento del prodotto. Sarebbero risorse incrementate».

Canone Rai, l’ipotesi dell’estensione ai device multimediali

A decidere, dunque, sarà la politica. E se questo aspetto, come detto, non andrà a influire direttamente sulle tasche dei cittadini italiani, c’è un altro punto nell’elenco (si tratta solamente di ipotesi) fatto da Fuortes in Commissione per risollevare gli introiti della televisione pubblica. Si tratta dell’estensione della platea del pubblico pagante. Perché oltre alla cancellazione della tassa sulla concessione sul canone ordinario e la richiesta di limitare l’affollamento pubblicitario (per ogni singola fascia) a quota 8%, si fa avanti anche l’ipotesi di non “chiedere” il canone Rai solamente alle persone in possesso di un televisore, ma anche a tutti quei cittadini che si collegano (anche per vedere la tv) attraverso smartphone, tablet o pc. Insomma, una mossa (ribadiamo, è ancora una mera ipotesi) che porterebbe al pagamento della “tassa” per tutti i possessori di device multimediali. Il che vorrebbe dire, in pratica, che ogni singolo cittadino (fatte salve alcune rarissime eccezioni) dovrà versare ogni anno il canone Rai. Anche senza essere in possesso di una tv.

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