Analyticaphobia

Questa è stata la settimana delle audizioni di Mark Zuckerberg al Senato e al Congresso americano. Due eventi che riguardavano il caso Cambridge Analytica e la Privacy dei dati su Facebook, paradossalmente trasmessi in diretta sulle pagine dei grandi media come la CNN e il Guardian ottenendo numerose reazioni e commenti pubblici.

La strategia difensiva del Ceo di Facebook era scontata, avendo già ammesso le proprie colpe addossandosi le responsabilità di tutto, sostenendo la tesi del “giovane inesperto” e del “giovane ingenuo” nonostante guidi la baracca da ormai 14 anni e stia toccando i 34 anni di età. Potremmo parlare per ore delle sue risposte e dei meme nati dopo queste audizioni, ma è bene focalizzarsi sul vero problema.

LEGGI ANCHE > Gli account russi che hanno spinto un video porno fake con Hillary Clinton

A distanza di più di dieci anni sembra che tutti abbiano scoperto cos’è la Privacy, di quanto un colosso come Facebook abbia tanto potere nelle sue mani e di come alcune aziende terze possano fare uso dei dati degli utenti. Chi si scandalizza venendo a conoscenza da Mark Zuckerberg che Cambridge Analytica non era l’unica ad avere i dati di 87 milioni di persone (e oltre) non conosce affatto il mondo in cui viviamo.

Lo scandalo è stato percepito maggiormente nel nostro Paese dopo aver scoperto che circa 214 mila italiani erano stati profilati dalla società inglese, ma quanti curiosi accettavano (e accettano tutt’ora) le condizioni di servizio di un’applicazione per scoprire chi visita il loro profilo o per scoprire attraverso un quiz a quale famiglia del Trono di Spade appartengono? Non sappiamo con precisione quante aziende italiane hanno avuto accesso ai loro dati attraverso queste applicazioni usufruendo delle stesse possibilità che aveva a disposizione Cambridge Analytica..

Gli utenti vengono continuamente profilati, anche attraverso la loro semplice navigazione di tutti i giorni. Vi siete mai domandati come mai vi compaiano delle inserzioni pubblicitarie che rispecchiano in qualche modo i vostri interessi? Quando cercate un prodotto su Amazon vi ritrovate dopo qualche click proposte di prodotti simili e complementari, tutto questo grazie all’attenzione che ha la piattaforma sulla vostra navigazione.

Possiamo parlare quanto volete del Regolamento europeo Gdpr (General Data Protection Regulation), Mark Zuckerberg può trovarlo interessante e potrebbe pensare di apportare nuove regole all’interno della sua piattaforma, ma gli utenti potranno essere comunque profilati anche al di fuori di Facebook. Per questo addossare le colpe al social network è sbagliato e del tutto riduttivo, inutile pensare al boicotto cancellando il proprio account e iscrivendosi ad altri servizi simili perché fornirete i vostri dati ad altri.

Anche attraverso nuove regole sarà comunque possibile superare l’ostacolo. Un’azienda straniera potrebbe profilare gli utenti senza dover tenere conto dei regolamenti europei, mentre Facebook potrebbe limitare ancora di più le possibilità fornite agli sviluppatori nelle loro applicazioni. Tutto ciò potrebbe indebolire un mercato che di fatto funziona ed è presente in tutto il mondo, ma ci sono altri modi per controllare ed analizzare le attività degli utenti al fine della profilazione. Le tecniche esistono, non sono invasive e non lasciano alcuna traccia, ma costano e sono già oggi in uno in qualche azienda, probabilmente anche in Italia a vostra insaputa.

 

David Puente, esperto informatico, ci guiderà con diverse analisi sul problema della sicurezza dei nostri dati informatici, anche in Italia. Dopo Cambridge Analytica la nostra profiliazione avviene tutt’oggi su altri mezzi e canali. Questo è un primo estratto del suo lavoro con Giornalettismo. Nella prossima puntata entreremo nel dettaglio di questi monitoraggi. Per spiegarvi che, Cambridge Analytica o meno, siamo già tutti “profilati”. 

Share this article