Cosa ha fatto BuzzFeed News per salvarsi e dove ha sbagliato?

BuzzFeed News ha provato a creare un business sostenibile ma, secondo analisti di mercato, non è più tempo di modelli basati sull'hype

24/04/2023 di Ilaria Roncone

Dell’onda che ha investito BuzzFeed News – e che, più genericamente, sta investendo il giornalismo online nel mondo – le avvisaglie c’erano tutte. C’erano quando abbiamo creato modelli di giornalismo basati interamente o quasi su social dei quali non comprendevamo appieno il funzionamento. L’algoritmo – nel corso degli anni – è cambiato seguendo le esigenze delle Big Tech e il modo di fare giornalismo, di creare contenuti, di dare forma alle informazioni, è dovuto cambiare con esso perché da esso – a un certo punto – dipendevano ampie fette delle entrate dei progetti editoriali. A prescindere dalla qualità del prodotto.

Questo è il paradosso che ha portato un portale di informazione che ha prodotto inchieste premium e pluripremiate – nel 2021 l’inchiesta sulle condizioni dei prigionieri uiguri nelle carceri cinesi gli è valsa un Pulitzer – a chiudere. Cosa è stato fatto (se è stato fatto) nel corso degli anni per evitare di arrivare a questo punto?

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Come nasce la costola giornalistica di BuzzFeed

La storia di BuzzFeed si fonda, a partire dal 2006, su un intento preciso: produrre contenuti nel filone “strano ma vero”, che negli scorsi anni portavano moltissimi traffico sui social, per poter finanziare progetti di alta qualità a livello giornalistico da pubblicare sulla costola del progetto principale, BuzzFeed News, che ha preso vita nel 2011. Il meccanismo della viralità e delle visualizzazioni, quindi, nell’idea di Jonah Peretti veniva sfruttato e spremuto per accumulare una quantità di denaro tale da mettere in piedi una redazione di professionisti sempre più numerosa in grado di garantire un giornalismo che portasse alla produzione di almeno uno scoop al giorno.

Come ha ammesso il co-fondatore che ha scritto la lettera in cui si spiega che cosa è successo, lui stesso è stato «lento nell’accettare che le grandi piattaforme non avrebbero garantito la distribuzione o il supporto finanziario necessario per aiutare il giornalismo premium e gratuito creato appositamente per i social media» per sempre.

Cosa ha fatto BuzzFeed News per salvarsi?

Intercettando tutto ciò che era virale online e ottenendo tutte le visualizzazioni possibili, si è fatto affidamento sul native advertising per rendere sostenibile a livello di costi il lavoro della divisione News. L’assunzione di Ben Smith – che prima lavorava a Politico – ha portato il progetto tra le nomination dei finalisti del Pulitzer 2017. I problemi per questo modello di business sono iniziati quando Google e Facebook hanno assunto una posizione di dominio nel mercato della pubblicità online.

Dal 2016, quando i giornalisti investigativi erano circa venti, si è arrivati al picco massimo di personale assunto nel 2019. Il dominio dedicato ed esclusivo del progetto è stato ottenuto nel 2017. A partire dal 2019, dicevamo, è iniziato il trend discendente: prima un taglio del 15% della forza lavoro, poi i primi accordi con buonuscite nel 2022 e i primi accordi con i giornalisti e – infine – l’annuncio della graduale chiusura con ricollocamento del personale.

Il lancio del programma di iscrizione a pagamento di BuzzFeed News (con relativa nascita del dominio personale) risale al 2018 e prevedeva la scelta tra il pagamento di una quota mensile o annuale. L’azienda ha quindi provato ad andare oltre viralità e quiz – il core principale e il richiamo che viene alla mente della maggior parte delle persone sentendo il brand – creando un’identità separata per il suo team di giornalismo investigativo. All’epoca l’azienda ha dato la possibilità di sostenere il progetto una tantum con una cifra che andava dai 5 ai 100 dollari. Nel 2018 a chi si era preoccupato che quella mossa potesse essere preludio di un passaggio al paywall la allora direttrice di Global News affermò che non c’era rischio.

Le ipotesi degli analisti sul mercato del giornalismo online

Non è più tempo del giornalismo online basato sull’hype. Questo è quanto – come riporta il Financial Times – sostengono gli analisti del marcato digitale. Investitori e azionisti hanno bisogno di vedere tracciati percorsi che portino a un guadagno più rapido. Secondo Jonathan Miller, amministratore delegato di Integrated Media (che è specializzata in investimenti digitali) «un’alta consapevolezza ma un basso coinvolgimento non può essere un modello di business sostenibile, soprattutto in un ambiente economico che si è fatto più difficile. Non esiste più il pranzo gratis, tutto deve essere guadagnato».

Analizzando questo insuccesso, gli analisti ritengono senza mezzi termini che il futuro del mondo dell’informazione online sia il paywall. Joseph Teasdale, responsabile del settore tecnologico di Enders Analysis, ha affermato: «È possibile sostenere una redazione digitale solo attraverso la pubblicità digitale? L’evidenza suggerisce di no».

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