Brando Benifei: «Elon Musk non potrà ignorare gli obblighi del DSA»

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Dopo l'approvazione del Digital Services Act, l'eurodeputato PD Brando Benifei ha fatto un quadro degli effetti pratici del corpus normativo. Con uno sguardo anche al tema dell'intelligenza artificiale

In seguito all’importante accordo trovato in seno alle istituzioni europee sul DSA, abbiamo cercato di approfondire, in maniera pratica e divulgativa, quali potrebbero essere gli effetti sugli utenti delle grandi piattaforme web. Brando Benifei, eurodeputato del PD, membro delle commissioni IMCO e AIDA, ci ha guidato tra le pieghe di un testo per cui mancano solo gli ultimi passaggi, nel mese di luglio, prima della definitiva approvazione.



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Brando Benifei spiega gli effetti del DSA

Dal punto di vista pratico, ci saranno conseguenze estremamente tangibili per gli utenti, sia per quanto riguarda i contenuti pubblicati sulle grandi piattaforme web, sia per i prodotti e per i servizi che vengono promossi al loro interno.



«Ci sarà una rimozione più rapida dei contenuti illegali online, compresi prodotti e servizi – spiega a Giornalettismo Brando Benifei -. Una procedura che sarà più chiara: gli utenti potranno segnalare contenuti illegali online e le piattaforme dovranno agire rapidamente. Le vittime di violenza attraverso i mezzi informatici saranno meglio protette soprattutto contro la condivisione non consensuale di contenuti online: pensiamo, ad esempio, al revenge porn. In questo caso, le misure di take-down saranno immediate. Se non vengono rispettati questi standard garantiti dal DSA, le piattaforme avranno sanzioni molto pesanti, fino al 6% del loro fatturato. Nel caso delle piattaforme con più di 45 milioni di utenti, la Commissione può agire direttamente per esigerne la conformità. Questo è un modello molto importante che anche io sto cercando di adottare nella stesura degli emendamenti per le normative sull’intelligenza artificiale».

Un altro effetto del DSA sarà sugli algoritmi delle grandi piattaforme e sulla loro trasparenza. Ci sono aspetti che non erano mai stati presi in considerazione dal legislatore e che adesso si concretizzeranno attraverso il Digital Services Act. Con una ricaduta diretta sulle modalità con cui, agli utenti, verranno proposti i post su Instagram o su Facebook, ad esempio, o i prodotti da acquistare sulle varie piattaforme di e-commerce.



«I nuovi obblighi di trasparenza – continua Benifei – permetteranno agli utenti di capire come vengono consigliati loro i contenuti: si potrà scegliere almeno una opzione, da questo punto di vista, non basata sulla profilazione. Mi sembra importante ricordare, inoltre, che per i minori non sarà permessa la pubblicità mirata. La Commissione Europea e gli stati membri avranno accesso agli algoritmi delle grandi piattaforme online. È chiaro che continueremo una battaglia per una sempre maggiore trasparenza, ma nel DSA si affronta la questione per la prima volta e in maniera piuttosto forte».

Tema attuale e cruciale, visti i recenti sviluppi a proposito del cambio di proprietà di Twitter, è come possa convivere il DSA con l’auspicio di Elon Musk di fare della piattaforma un luogo dove la moderazione del contenuto sarà un concetto molto diverso da quello a cui siamo abituati.

«Se Musk vorrà rendere Twitter totalmente libero e senza moderazione, nell’Unione Europea dovrà comunque implementare la piattaforma per adeguarsi al DSA se non vorrà pagare fino al 6% del fatturato globale della sua azienda – spiega Benifei, ricalcando in questo modo la posizione espressa dal commissario europeo Thierry Breton -. Ovviamente, stiamo parlando di contenuti illegali e di incitamento all’odio per i quali, con il Digital Services Act, ci sono regole molto più stringenti. In Europa non si potranno ignorare questi obblighi che sono un modo per proteggere i diritti fondamentali».

Il fatto che il DSA sia stato approvato in questa formulazione non era scontato, anche in virtù delle pressioni esercitate dai grandi players del web. Abbiamo provato a capire quali siano stati i punti critici nel rapporto tra il legislatore europeo e Big Tech.

«Big Tech ci ha chiesto di ridurre le responsabilità delle piattaforme per questi contenuti illegali e ci ha chiesto di mantenere i dark patterns. Su questi aspetti le piattaforme hanno fatto molte resistenze, ma è importante che queste previsioni ci siano nel DSA – ha spiegato Brando Benifei -. Sul tema della pubblicità online c’era la volontà di avere più mano libera, anche perché adesso la profilazione in base agli interessi personali, alle proprie preferenze, alla religione non sarà più possibile. Inoltre, c’è stata anche un’altra pressione che, sorprendentemente, è arrivata da alcune parti politiche: esentare completamente anche le medie imprese da tutti gli obblighi. Nemmeno questo è stato recepito, perché avrebbe ridotto di troppo l’ambito di applicazione del DSA».

Lo stato della legge europea sull’intelligenza artificiale

Archiviato, o quasi, il DSA, è la volta di stabilire un dialogo serrato sulla legge relativa all’intelligenza artificiale. Da questo punto di vista, il ruolo di Brando Benifei, in quanto correlatore per il corpus normativo, è molto delicato. Per quanto riguarda le premesse, in seno al Parlamento Europeo c’è ancora qualche divisione, su cui sarà importante agire al fine di ottenere un testo equilibrato e, allo stesso tempo, rispettoso dei diritti fondamentali.

«In questo momento ci apprestiamo a presentare gli emendamenti di ciascun deputato. Abbiamo presentato un primo pacchetto di emendamenti condivisi tra i due co-relatori, abbiamo inserito il divieto per la polizia predittiva, abbiamo fatto alcune scelte come l’obbligo, per tutti gli usi ad alto rischio di intelligenza artificiale, di registrazione, in modo tale che ognuno possa sapere quale istituzione pubblica utilizzi queste tecnologie che possono andare a impattare sui diritti fondamentali. C’è ancora divergenza però su due questioni più calde – conclude Benifei -: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro e il tema della sorveglianza di massa attraverso l’uso di telecamere a riconoscimento biometrico negli spazi pubblici. Il testo attuale non ha tutele speciali per l’uso dell’AI nell’ambito lavorativo. Sorveglianza dei lavoratori, verifica della produttività, criteri che passano per il riconoscimento emotivo per assumere o licenziare: si tratta di pratiche che dovrebbero essere in alcuni casi vietate e in altri casi dovrebbero essere oggetto di confronto con le parti sociali. Per quanto riguarda l’utilizzo del riconoscimento biometrico negli spazi pubblici, la mia intenzione sarebbe quella di introdurre un divieto generalizzato, poiché i vantaggi di questi sistemi sulla sicurezza pubblica non sono verificati. Su questo aspetto ci sarà molto da dibattere».

Foto IPP/Fabio Cimaglia