Le intercettazioni dei mafiosi arrestati: «Messina Denaro come Padre Pio»

19/04/2018 di Redazione

Si stringe ancora il cerchio intorno al capo di Cosa Nostra, il super latitante Matteo Messina Denaro. Polizia, Carabinieri e Dia (Direzione investigativa antimafia) stanno eseguendo un provvedimento di fermo emesso dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Palermo nei confronti di 22 presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, in provincia di Trapani.

Si stringe il cerchio intorno al super boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro

Il blitz è scattato in provincia di Trapani e rappresenta l’ennesimo colpo inferto dagli investigatori alla rete relazionale, criminale ed economica di Messina Denaro, latitante dal 1993. Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

La rete per lo smistamento dei pizzini

L’indagine che ha portato al blitz ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei pizzini con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Il lavoro di Polizia, Carabinieri e Dia ha confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all’arresto di altri familiari. Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come Cosa Nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.

L’intercettazione: «Il bimbo sciolto nell’acido? Riina fece bene»

In un’intercettazione telefonica uno dei mafiosi fermati oggi giudicava positivamente l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, sequestrato per 779 giorni e poi sciolto nell’acido per indurre il padre a ritrattare. «Allora ha sciolto a quello nell’acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene», sono le parole pronunciate in una conversazione del 19 novembre del 2017. «Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?», conveniva l’interlocutore al telefono. Il mafioso poi rincarava la dose, esaltando la decisione del Capo dei Capi Totò Riina di eliminare quel bambino di 13 anni come giusta ritorsione rispetto al pentimento del padre. «Ha rovinato mezza Palermo quello… allora perfetto», diceva. «Il bambino è giusto che non si tocca – aggiungeva l’altro – però aspetta un minuto… perché se no a due giorni lo poteva sciogliere… settecento giorni sono due anni… tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi».

L’intercettazione: «Messina Denaro come Padre Pio»

In un’altra intercettazione telefonica uno dei fermati nel blitz della Dia accostava il boss latitante Messina Denaro e suo padre Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1988, a Padre Pio. «Vedi, una statua gli devono fare… una statua… una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto… Quelli sono i Santi», sono le parole della conversazione. Don Ciccio e il figlio vengono accostati ai santi dai due interlocutori, uno dei quali cognato del boss ricercato, e idolatratati: «Io ho le mie vedute… che c? vuoi?», proseguiva uno dei due mafiosi. «Significa essere colpevole? Arrestami. Che spacchiu hai? Che fa? non posso dire quello che penso?».

(Un identikit del boss Matteo Messina Denaro. Credit: ANSA / UFFICIO STAMPA GUARDIA DI FINANZA)

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