“Nella bolla”: così sono entrato nell’universo social di un giovane sovranista
22/01/2020 di Daniele Tempera
Vestire i panni di un giovane di destra di vent’anni di passioni sovraniste, esposto costantemente ai venti della propaganda. Quando ho deciso di creare un profilo falso su Facebook e Twitter, la Lega di Salvini era ancora al governo e stava minacciando l’uscita dal Governo. L’obiettivo era quello di entrare in un mondo che conoscevo solo di riflesso e che sono portato spesso a stigmatizzare, senza capire dinamiche e fattori cognitivi che incidono sulla radicalizzazione di visioni del mondo e opinioni. Ho puntato così su un nome di pura fantasia, capace però di evocare suggestioni da ventennio e, dopo aver indicato un’età di pressapoco 24 anni, mi sono tuffato in un mondo che conosco solo come riflesso.
Tutte le nostre interazioni social sono governate da algoritmi capaci di tracciare ogni passo delle nostre vite online e restituirci un mondo coerente con i nostri valori e le nostre aspettative. Si chiamano in gergo “bolle di filtraggio” o “echo chamber”, microuniversi informativi calibrati unicamente su di noi. Una tela che viene tessuta sapientemente giorno dopo giorno mentre autorizziamo i cookie dei nostri siti online preferiti o prenotiamo una visita medica online, mentre facciamo delle ricerche sui motori di ricerca o interagiamo con i nostri contatti sui più diffusi social network, come Facebook o Instagram. Strumenti fondamentali alla propaganda politica odierna, come ci hanno dimostrato lo scandalo di Cambridge Analytica o le strategie social usate dallo staff di Matteo Salvini, basate su uno studio attento delle interazioni social dei post del “Capitano”. Ho scelto quindi di perdermi in una “bolla” non mia e abbandonarmi ai suggerimenti e alle suggestioni che il social network mi forniva.
I suggerimenti Facebook: in linea con la mia visione del mondo
Dopo aver condiviso genericamente post di: Salvini, Meloni e Fusaro, cambio, proprio durante la crisi di Governo, la foto profilo Facebook. Grazie all’analisi dei miei contenuti e delle mie interazioni, il social di Mark Zuckerberg mi fornisce vari banner da aggiungere alla foto principale che mi identifica. Decido di aggiungere il banner “Elezioni subito, no ai governi d’inciucio” di Fratelli d’Italia.
Da quel momento in poi le richieste di amicizia lievitano vertiginosamente. Con la complicità di qualche innocente commento ai post fiume di Matteo Salvini, i miei amici social diventano numerosi. Lo stesso algoritmo di Facebook mi suggerisce nuovi contatti con il mio stesso banner sulle elezioni, mentre tra la persone che posso conoscere, cominciano a campeggiare i volti di Salvini, Meloni, Toti, ma anche i loghi di Casa Pound e Forza Nuova. Una volta entrati nel flusso dei contenuti postati dai miei contatti, Facebook (e gli altri utenti) cominciano a suggerirmi gruppi che incontrano le mie tendenze politiche. Molti i gruppi sul cosiddetto scandalo di Bibbiano: la foto è sempre quella di un bebé, i nomi suggestivi (“I bambini sotratti”, “I bambini non si toccano” ecc,).
La galassia dei gruppi Facebook legati a Matteo Salvini e Giorgia Meloni
La prima evidenza è che sono moltissimi i gruppi informali a simpatia leghista che saldano le istanze salviniane con quelle dell’estrema destra. Per entrare a far parte del gruppo “Prima gli italiani” vengo contattato da una mia amicizia che esibisce il logo leghista come foto profilo. Mi fa subito presente che si tratta di un gruppo di simpatie leghiste, che però vuole unire tutte le destre, da Fratelli d’Italia a CasaPound, a tutti i camerati con idee fasciste. Dal gruppo sono banditi invece i pentastellati e i militanti di Forza Italia. Per entrare devo esprimere il mio odio per gli immigrati. La comunicazione all’interno è tipica da propaganda Facebook: brevi video con sottotitoli evidenti, molti meme e fotomontaggi, status colorati e foto. Interessante, sempre dal fronte leghista, il gruppo “Io sto con Matteo Salvini, dal Nord alle isole”, nato col chiaro intento della compagine leghista di sfondare anche al Sud. Anche in questo caso a fungere da collante è l’odio verso gli immigrati (colpevoli di aggressioni contro gli “inermi cittadino italiani), gli avversari politici e l’uso strumentale di vittime come i terremotati, usati sempre in chiave benaltrista.
Un altro gruppo interessante, al quale Facebook mi invita a ad aderire è “Figli di Putin” . Si definisce “una pagina satirica e punta ad ironizzare in maniera positiva e mai offensiva sulla figura del Presidente Putin, da noi rispettato ed ammirato”. In realtà è un condensato di meme che offrono un calibrato controcanto alla narrazione progressista degli eventi. Scorrendo i post del gruppo si nota che una delle funzioni principali della “satira” e puntare il dito sulle presunte contraddizioni della sinistra o del mondo liberale: ecco che, per giustificare la bimba esposta davanti il pubblico a Pontida troviamo Bersani che prende in braccio un bimbo nero o un meme della Boldrini che controlla l’orologio a 48 ore dall’insediamento del nuovo Governo per vedere se i porti sono ancora aperti, o ancora, Giuseppe Conte che stringe la mano a Putin, dicendogli che il programma di Governo è in attesa di essere tradotto dal tedesco (chiara allusione alla presunta sudditanza del governo giallorosso da Berlino). Contenuti trasversali anche forgiati sui gusti dei più piccoli, come quando vedo un video con “Baby Shark”, hit amatissima dai bambini, cantata da un pupazzo con la faccia di Trump che potete “ammirare” qui sotto.
Una dieta informativa basata su falsità
Inutile dire poi, che mi nutro di una sequenza imponente di Fake News. In breve la mia timeline è subissata da meme con dichiarazioni, palesemente false, di personaggi celebri, che apprezzate e ricondivise, diventano assurde verità. E così ci si imbatte in Christine Lagarde (Presidente FMI) che afferma che gli “Anziani vivono troppo e sono pericolosi per l’economia mondiale”, Celentano che afferma che “L’M5S è peggio del fascismo”, o del nuovo ministro dell’Interno Lamorgese, che paventa la confisca di beni privati per aiutare gli immigrati. Tutte affermazioni grossolane, e palesemente false ovviamente, ma funzionali alla polarizzazione delle opinioni che Facebook incoraggia e a una visione del mondo manichea, che non contempla dubbi o momenti di esitazione. Per molti verità incontrovertibili o plausibili, che vengono condivise e apprezzate senza alcuna verifica, fino a diventare realtà.
La mia dieta informativa è ovviamente forgiata sugli articoli di quotidiani e magazine di destra come “Il Primato nazionale”, “Il Secolo d’Italia”, “Il Giornale”, “Libero”, ma anche molti siti non verificati dai nomi di facile evocazione (ad esempio i siti: stopcensura.info, stopeuro.news). Gran parte delle notizie dipingono un clima di terrore quotidiano, innescata dal proliferare dell’immigrazione clandestina e dalle perfide Ong. Non mancano nemmeno dosi di “negazionismo climatico”, complotti finanziario-massonici, bufale mediche (vaccini e cancro su tutti) e via dicendo. Un contatto mi manda un messaggio audio per dirmi nientemeno che si è diffuso un batterio, portato ovviamente dagli immigrati, che ha già contaminato molte partite di carne di maiale in tutto il paese. Ovviamente, la stampa asservita non ne parla.
Un’accademia di benaltrismo
Un capitolo a parte è formato dal cosiddetto “benaltrismo”. Anziani, terremotati e poveri, ogni categoria è buona per essere paragonata agli aiuti che vengono donati agli immigrati e le azioni intraprese a favore dei “nuovi schiavisti”. Quello che è evidente è l’effetto di ribaltamento completo del reale. Ne ho la conferma, quando il mio alter ego social entra nella galassia dei siti antifemministi come “A Voice for Man Italia” e “Cara sei femminista”: scorrendo queste pagine ho la percezione che gli uomini uccisi dalle donne, sia proporzionale a quello dei femminicidi e che qualche oscuro complotto mi separa da questa verità. Il tutto condito ovviamente da una fiera ideologia anti-gender, la stessa agitata dalle presunte lobby femministe che attentano alla natalità degli stati occidentali.
Dati e suggestioni ovviamente smentiti dalle statistiche e dalle evidenze, se si ha il coraggio di uscire, usando dubbio e intelligenza, dalla “bolla” confortevole che i social network ci hanno cucito attorno e che conferma la nostra visione del mondo. Sì, anche quella formata dai miei contatti e dalle mie relazioni. La domanda è retorica: in quanti sono disposti a farlo?