Ah, quindi è questo il modo con cui Tale & Quale Show vuole risolvere il suo problema con il blackface?

Carlo Conti ha annunciato la soluzione in conferenza stampa

16/09/2021 di Gianmichele Laino

Che Tale & Quale Show abbia avuto in passato problemi con il blackface è innegabile. Lo abbiamo documentato noi, seguendo le discussioni sui social network, se ne sono accorti gli stessi protagonisti (memorabile, ad esempio, la serie di Instagram Stories realizzata da Ghali, quando ha assistito alla sua imitazione nel corso del programma del venerdì sera su Raiuno). Adesso Carlo Conti è intervenuto sul tema, ma il modo con cui sembra aver “risolto” la questione lascia più di una perplessità.

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Black face a Tale e Quale Show, come la sta “risolvendo” Carlo Conti

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del programma (che andrà in onda a partire da venerdì 17 settembre 2021), il conduttore ha affermato: «C’era la volontà e l’indicazione di non fare più i cantanti di colore. A me sembrava una grande ingiustizia, un modo per ghettizzare un genere musicale e tanti artisti – ha detto Carlo Conti, ricevendo qualche applauso -. La lampadina si è accesa e mi sono detto che se non potevamo prendere una persona bianca che interpretasse una cantante di colore, allora potevamo prendere una cantante bravissima, di colore, per interpretare tutti i cantanti e le cantanti di colore».

La scelta è caduta su Deborah Johnson (figlia del noto cantante e bassista Wess Johnson) che, quindi, interpreterà i cantanti afrodiscendenti. Immancabili le battutine – come se fossero divertenti – da parte dello stesso Carlo Conti: «Deborah, tra l’altro, è più chiara di me» oppure «ma non è che se le facciamo interpretare una cantante bianca poi veniamo accusati di whiteface?». Insomma, Carlo Conti l’ha presentata come un’idea geniale, in realtà non può essere questa la soluzione di un problema che esiste e che è percepito. La rappresentazione, soprattutto attraverso il servizio pubblico, non può limitarsi a questa differenziazione così banale che comunque presenta un sottotesto ben chiaro.

Innanzitutto, le battute evitabili fanno capire che non si è compreso a fondo il concetto di black face (così come l’utilizzo dell’espressione di colore da parte di Carlo Conti). Ma non è pensabile che una cantante nera sia utilizzata “in alternativa” a cantanti bianchi che si devono tingere la faccia scura per interpretare artisti neri. È proprio il concetto della “alternativa” che sta alla base del black face e che trasmette un messaggio di esclusione e non di inclusione. La Rai si era prodigata, nei mesi scorsi, a eliminare le pratiche di blackface nei suoi palinsesti. La lettera della governance alle associazioni che si erano espresse contro questa brutta abitudine della televisione italiana era stata molto chiara:

«La vostra lettera ci aiuta però a prendere atto che, ben al di là delle nostre intenzioni, ci sono cittadine e cittadini che da questa rappresentazione si sentono lesi nella loro dignità di persone. Perciò accantoneremo d’ora in poi ogni ulteriore ricorso alla pratica del blackface. La legittimazione che il servizio pubblico deve saper riconquistare ogni giorno passa anche attraverso la capacità di ascoltare le nuove domande e rispettare le nuove sensibilità cresciute nella società italiana».
Peccato che alle intenzioni non siano seguite le azioni.
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