La risposta, poco convincente, delle etichette musicali Believe e TuneCore
In un comunicato congiunto si respingono le accuse mosse da Universal Music Group. Ma non viene fornito alcun riscontro in merito alle royalties attraverso i "furbetti" delle sped-up songs
08/11/2024 di Enzo Boldi
Come spesso capita quando ci si ritrova di fronte a cause e denunce per violazione del diritto d’autore, la parte accusata di comportamento illecito ha respinto al mittente tutte le accuse, sostenendo di esser pronta a ribattere punto su punto. Believe e la sua sussidiaria TuneCore (che ha l’obiettivo di rilanciare artisti emergenti attraverso l’auto-pubblicazione sulle piattaforme e sui servizi di streaming musical) sono state accusate dalla Universa Music Group (UMG) e da altre due etichette (ABKCO Music & Records e Concord Music Group) di trarre profitto attraverso la raccolta di royalties derivanti da brani che non sono di loro proprietà. E anche i “loro” artisti.
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Stando a quanto contenuto nella denuncia depositata presso la Corte Distrettuale di New York, i querelanti sostengono che queste due etichette francesi consentano ai loro artisti di pubblicare sulle piattaforme (con tanto di inserimento nei cataloghi messi a disposizione degli utenti) e sui servizi di streaming musicali le versioni “accelerate” – chiamata sped-up songs – di moltissimi brani originariamente cantati da artisti di fama mondiale. Il tutto utilizzando nomi di fantasia molto vicini agli originali (usando espedienti come “Jutin Biber” e “Llady Gaga”). Dunque, l’accusa è quella di trarre profitto – attraverso le royalties – da brani di cui non hanno la proprietà intellettuale e i diritti di diffusione.
Believe e TuneCore respingo le accuse di UMG
E come hanno risposto a queste accuse? Inizialmente, attraverso le parole di un portavoce, le due etichette che fanno parte della stessa famiglia hanno dichiarato di non voler dichiarare nulla in merito alla controversia legale in corso. Poi, però, hanno respinto ogni addebito:
«Come aziende che lavorano con artisti ed etichette in tutto il mondo, prendiamo molto seriamente il rispetto del copyright. Confutiamo fermamente queste affermazioni e le dichiarazioni fatte da Universal Music Group e le combatteremo. Abbiamo sviluppato strumenti e processi solidi per affrontare questa sfida che interessa l’intero settore, collaborando con partner e colleghi e continueremo a farlo. Siamo all’avanguardia nell’ecosistema della musica digitale da quasi 20 anni, supportiamo lo sviluppo di artisti ed etichette indipendenti e abbiamo ottenuto lo status di Tier 1 e siamo stati inclusi nel Preferred Partner Program in tutti i negozi di musica».
Una vicenda che rischia di provocare un enorme scossone nel mondo della musica e nel suo paracadute che risponde ai nomi di social network e servizi di streaming. Sia TuneCore, sia Believe – infatti – hanno accordi commerciali (di licenza d’uso) con le principali piattaforme che hanno inserito i brani che vivono sotto la loro egida nei cataloghi musicali a uso e consumo degli utenti.