Bebe Vio sogna di diventare presidente del Coni, mentre il M5S vuole abolirlo

Ci sono dei sogni che sono impossibili soltanto perché qualcuno si mette sulla tua strada. Bebe Vio ha un obiettivo, una volta dismessi i panni di atleta super vincente nella scherma paralimpica. Vorrebbe diventare il nuovo presidente del Coni. Il Comitato olimpico nazionale, al momento, è saldamente tra le mani di Giovanni Malagò che proprio di Bebe Vio è un grande sponsor.

Bebe Vio vorrebbe diventare presidente del Coni

«Sto scoprendo che le passioni possono diventare un lavoro – ha detto Bebe Vio ritirando alla Camera il premio per giovani innovatori -. Mi piace un sacco fare sport e ora sto studiando comunicazione. Un giorno il mio sogno nello sport e nella comunicazione sarebbe stato quello di diventare presidente del Coni. Ci sto lavorando, magari un giorno ci arriverò. Per ora faccio tutta la parte di studio per arrivarci».

Ma, se da un lato bisogna registrare la buona volontà e l’applicazione di uno dei simboli del nostro sport, dall’altro bisogna necessariamente confrontarsi con le esigenze della politica. Attualmente, lo si è scoperto oggi, uno dei due partiti al governo, ovvero il Movimento 5 Stelle, avrebbe intenzione di abolire il comitato olimpico nazionale.

Sulla strada di Bebe Vio ci sono quelli del M5S

A rivelarlo è Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport. Nei giorni scorsi era stato molto criticato da Giovanni Malagò per la sua proposta di riforma dello sport in Italia, con la conseguente sottrazione di fondi che non sarebbero più gestiti direttamente dal Coni, ma da agenzie controllate dal governo. Depauperando, di fatto, un comitato olimpico che sta affrontando la sfida della candidatura di Milano e Cortina per le olimpiadi invernali del 2026.

«Malagò non ha capito che la mia è una posizione mediana – ha detto Giorgetti nel corso di un’intervista a Prima Comunicazione: i Cinquestelle vorrebbero un ribaltone assai più radicale. Io invece parlo di riforma del Coni e non di una sua abolizione».

FOTO: ANSA/UFFICIO STAMPA QUIRINALE

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