Bari Weiss difende la libertà di scrivere opinioni e lascia il NY Times: «Twitter è il direttore del giornale»
15/07/2020 di Gianmichele Laino
Premessa. Nelle scorse settimane, Tom Cotton – senatore conservatore dell’Arkansas – aveva pubblicato un editoriale sul New York Times in cui esprimeva una posizione molto forte sull’invio delle truppe americane a contrastare il movimento del Black Lives Matter. In quella circostanza, travolto dalle polemiche, era stato il responsabile della pagina delle opinioni, James Bennet, a lasciare il giornale. Oggi, a rassegnare le dimissioni – in maniera decisamente aggressiva – è stata Bari Weiss, staff editor di quella stessa sezione.
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Bari Weiss, la conclusione della sua esperienza al NY Times
«Il nome di quel social non è nella gerenza del New York Times – ha detto Bari Weiss in una lunga lettera destinata all’editore Arthur Gregg Sulzberger –. Ma Twitter è ormai diventato il direttore del giornale. Le storie vengono scelte e scritte in modo che quell’audience sia soddisfatta e non si scateni, piuttosto che permettere a un pubblico curioso di leggere cosa succede davvero nel mondo per poi trarre le proprie conclusioni».
Perché Bari Weiss ha lasciato il NY Times
Una polemica molto salace, dal momento che viene attaccato uno dei principi del mostro sacro del giornalismo a livello mondiale. Il New York Times, infatti, rappresenta l’Eldorado per tutti i giornalisti del mondo, circondato dalla sua aura di affidabilità e, soprattutto, di equilibrio nelle sue scelte. Il fatto di aprirsi a opinionisti distanti dalla sensibilità del pubblico dei lettori del Times, infatti, era stato dettato dalla precisa esigenza di comprendere la vittoria, nel 2016, di Donald Trump. Il NY Times, infatti, aveva capito che dietro a quella vittoria sorprendente, per certi versi, c’era stato anche il fattore di non aver capito tutto una parte dell’elettorato del Paese.
Bari Weiss, 36 anni, una carriera lanciatissima nelle posizioni apicali della più importante testata del mondo, ha gettato la spugna, in aperta polemica con la linea editoriale del NY Times e del ruolo dei social network che – come darle torto – impongono una velata tirannia a tutti quelli che decidono quali storie valga la pena raccontare.