Meta prova a prendersi gli utenti delusi da Twitter con “Barcelona”

La soluzione individuata è quella di un social network decentralizzato, un po' come Mastodon. Ma senza quello spirito pionieristico che ha caratterizzato l'avventura del fediverso

16/05/2023 di Redazione Giornalettismo

La vera domanda è: può un social network decentralizzato andare d’accordo con una grande azienda Big Tech? Il successo di Mastodon, ad esempio, era dovuto proprio al fatto che, a partecipare a questa piattaforma, fossero gli utenti del fediverso, una sorta di community che è composta da 5 milioni di iscritti collegati da 12mila server indipendenti. E – non ultimo – altra grande attrattiva di Mastodon era rappresentata dal fatto che il suo fondatore tedesco, Eugen Rochko, aveva rifiutato gli investimenti provenienti direttamente dalla Silicon Valley. Non è un caso che su una delle homepage di Mastodon in italiano campeggi il claim: social networking che non è in vendita. Tuttavia, queste condizioni che stanno alla base del successo di un social network decentralizzato come Mastodon non sembrano essere state prese in considerazione da una delle grandi aziende di Big Tech, Meta, che sta provando a lanciare Barcelona, la sua personale versione di piattaforma social decentralizzata, con l’obiettivo di creare una nuova – l’ennesima, in realtà, se si considerano i vari tentativi sul mercato – alternativa a Twitter.

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Barcelona, la nuova sfida di Meta per fare la guerra a Twitter

Barcelona è un progetto che sta in uno dei blindatissimi cassetti del quartier generale di Menlo Park da diverso tempo e che, in passato, aveva anche un nome in codice – P92 – che sa molto di missione segreta. Tuttavia, uno dei ricercatori più attivi quando si tratta di piattaforme social, Alessandro Paluzzi, dovrebbe essere riuscito a individuare il nome vero che, in futuro, avrà la piattaforma decentralizzata made in Meta, Barcelona appunto.

Quest’ultimo sta monitorando l’evoluzione dello sviluppo della piattaforma: sarà basata principalmente sul testo e quest’ultimo, per ciascuna interazione, non potrà essere più lungo di 500 caratteri. Una “brevità mediata”: non più i 140 caratteri dell’ormai superato Twitter degli albori, ma nemmeno lo sproloquio che è consentito oggi a chi ha un abbonamento a Twitter Blue (avete notato come siano diventati illeggibili, a proposito, questi tweet molto lunghi, che bisogna per forza di cose espandere a partire dalla timeline e che danno un ulteriore motivo a tante persone di riempire il web di parole inutili, al semplice costo di un abbonamento mensile alla versione premium del social network di Elon Musk?).

Che Meta stia effettivamente lavorando a un progetto di social decentralizzato – che avrà come base di partenza quella di Instagram, a quanto pare – è stato confermato da un portavoce dell’azienda a Business Insider: «Stiamo esplorando un social network decentralizzato autonomo per la condivisione di contenuti di testo. Riteniamo ci sia un’opportunità per uno spazio separato in cui creator e personaggi pubblici possano condividere aggiornamenti che riguardano i loro interessi». Ancora una volta, insomma, l’illusione di creare una sorta di collegamento tra l’utente medio e il creatore di contenuti pubblici. Ancora una volta, l’illusione di far credere che tutto questo possa avvenire spontaneamente, attraverso i principi standard del social network decentralizzato.

Ma la vera domanda resterà una sola: come può un social network come Instagram, che sta alla base del capitalismo digitale, offrire un servizio di condivisione e di decentralizzazione che invece fa tanto web open source, indie e alternativo?

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