La revoca delle concessioni ad Autostrade potrebbe costare comunque tra i 6 e gli 8 miliardi

C’è una corsa a rassicurarsi reciprocamente sulla possibile revoca delle concessioni ad Autostrade. Tuttavia, questa corsa si scontra con la realtà dei fatti: con i patti stabiliti al momento della firma dei contratti prima e con le indicazioni contenute all’interno del milleproroghe poi. Il Corriere della Sera, in esclusiva, ha provato a quantificare – alla luce degli ultimi possibili riferimenti normativi – il costo per lo Stato italiano di una possibile revoca delle concessioni.

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Autostrade, il vero costo della revoca delle concessioni

Il prezzo stimato si aggirerebbe su una cifra compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. Non zero, come va predicando da tempo il ministro degli Esteri e leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, non 23 miliardi come vorrebbe Aspi. Nel decreto milleproroghe, infatti, sarebbero stati inseriti dei passaggi che vanno a modificare i contratti in essere con il concessionario.

Questi ultimi riguarderanno le infrastrutture su cui Autostrade ha già investito e tutte le operazioni che sono state già iniziate e che andranno portate avanti. La cifra di queste operazioni sarebbe appunto tra 6 e 8 miliardi. Una cifra variabile, su cui ovviamente occorrerà accordarsi in un eventuale braccio di ferro tra Stato e società per azioni.

Cosa sta succedendo nel governo su Autostrade

A questa cifra, in ogni caso, si dovrebbero aggiungere anche delle spese legali, perché Autostrade presenterà senz’altro ricorso: la sua teoria difensiva è che lo Stato, in caso di annullamento del contratto e di revoca delle concessioni, dovrebbe pagare l’intero valore delle concessioni, quantificato proprio in 23 miliardi di euro.

Una sfida di nervi, così viene presentata dal Corriere della Sera. Sulla quale, con ogni probabilità, si potrebbe giocare anche una partita decisiva per il governo: Italia Viva non è d’accordo alla revoca delle concessioni perché i mercati internazionali potrebbero etichettare il nostro apparato istituzionale come inaffidabile nei confronti degli investitori.

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